Una storia di ordinario degrado morale


Lo stupro avvenuto a San Giorgio a Cremano, una cittadina di 50.000 anime alle porte di Napoli, ha suscitato incredulità e sgomento nella piccola comunità.
Come noto, una giovane di 24 anni é stata presa di mira da un gruppetto di tre ragazzi appena maggiorenni che, secondo le prime ricostruzioni, la hanno adescata e violentata in pieno giorno in un ascensore della locale fermata della Circumvesuviana (NDR: la ferrovia che collega Napoli con svariati centri dell’area vesuviana, tra cui, San Giorgio a Cremano), come se niente fosse.
Nessuno se ne è accorto, neppure gli addetti ai monitor vigilanza che inquadrano svariate zone della piccola stazione, tra cui quella dell’ascensore. Nessuno è intervenuto.
Solo a misfatto compiuto, un passeggero ha notato una ragazza coi vestiti laceri che piangeva su una panchina e ha capito che qualcosa non quadrava. Le ha offerto il suo aiuto per chiamare casa e l’ha accompagnata al locale ufficio delle Forze dell’Ordine.
Il caso ha scosso l’intera cittadina che, in verità, non era preparata a questo tipo di turpe e gratuita violenza.
Gli assalitori sono stati prontamente riconosciuti (anche se subito dopo l’aggressione si sono tagliati la barba, forse in un tentativo di sfuggire al riconoscimento) e in capo a poche ore sono stati fermati dai solerti uomini del locale Commissariato della Polizia di Stato.
Si é così scoperto che erano tre ragazzi appena maggiorenni, Alessandro Sbrescia (18 anni), Raffaele Borrelli (19 anni), Antonio Cozzolino (19 anni), una compagine piuttosto eterogenea, poiché mentre lo Sbrescia viene descritto come un piccolo bullo di quartiere con una storia familiare travagliata, il Cozzolino appartiene a una famiglia apparentemente senza particolari problemi per il quale non si può certo addurre la solita scusante psicologica dell’infanzia difficile.
I tre hanno trascorso una notte al commissariato e al mattino seguente, uscendo per essere tradotti in carcere, hanno trovato i genitori applaudenti al loro passaggio. Anche questo è apparso un segnale inquietante poiché non si riesce a capire cosa ci sia stato da applaudire. Forse non é ancora chiaro a questi genitori moderni che i loro figli non si sono laureati ma rovinati.
Un terzo dato foriero di perplessità, é l’intervista rilasciata a una TV locale da un ragazzo presunto amico dei tre indagati che, addirittura, ha addossato la colpa dell’accaduto alla giovane donna, argomentando che si sarebbe trattato di una ragazza facile, che ci provava con tutti, e chiosando che se un maschio si trova davanti una femmina che ci prova o ci sta è naturale andarci insieme, una affermazione che lascia perplessi per la mentalità, assolutamente banale e retrograda, da cui si comprende nettamente il fallimento del modello educativo proposto alle nuove generazioni.
Incredibilmente ha fatto eco a tale tesi la linea difensiva proposta dai tre indagati davanti al GIP secondo cui la ragazza sarebbe stata consensiente al rapporto. Una tesi che non ha convinto il giudice per le indagini preliminari, che infatti ha convalidato i fermi emettendo una ordinanza di custodia cautelare in carcere per tutti gli indagati, una decisione a nostro avviso giustificabile già sulla base delle prime evidenze, visto che in un rapporto consensuale gli abiti si sfilano e non vengono, di norma, strappati.
Infine, ma non da ultimo, un ulteriore elemento da considerare é che, a quanto pare, già una ventina di giorni prima il terzetto aveva provato ad assalire la giovane e una sua amica e solo per un caso non vi era riuscito. La ragazza, tuttavia, non aveva sporto denuncia.
Senza addebitare alcuna colpa alla giovane donna, ci mancherebbe, non si può non rilevare che la mancanza di una cultura della sicurezza, proposta sin dalla scuola e basata sulla costruzione di un rapporto di assoluta fiducia del cittadino nella capacità di ascolto delle Forze dell’Ordine, ha certamente posto le premesse per una seconda occasione, purtroppo andata a segno, ai presunti violentatori.
All’indomani dello stupro, non sono poi mancate uscite di cattivo gusto e, quanto meno, avventate o di dubbia utilità. É il caso di Umberto De Gregorio, presidente dell’EAV (l’Ente Autonomo Volturno, la società che gestisce gli impianti della Circumvesuviana), che ha dichiarato testualmente: “Dico alla ragazza di guardarsi dalle amicizie perché questi che l’hanno violentata pare che fossero amici”, quasi come se la colpa fosse della ragazza, una affermazione smentita e poi difesa parlando di giornalisti killer, o della melensa manifestazione nella quale il sindaco di San Giorgio a Cremano Giorgio Zinno e lo stesso De Gregorio hanno dipinto una panchina di rosso, a loro dire come segnale contro la violenza di genere.
Ma non é che la violenza di genere (e la violenza in generale) si ferma col colore rosso di una panchina come le auto si arrestano al semaforo perché bisogna operare concretamente sul lato preventivo facendo proporre sina dalla scuola dell’obbligo una cultura basata su valori civici diversi da quelli oggi proposti e, sul piano repressivo, con il potenziamento delle Forze di Polizia e l’inasprimenro delle pene.
Altro che pittare panchine rosse!