
La pizza nella cultura popolare locale
Si fa presto a dire pizza ma non tutti sanno che questa gustosa pietanza è nata ben prima del 1889, quando a Napoli fu inventata quella che diventerà la pizza per antonomasia, ossia la pizza Margherita, confezionata per ossequiare la Regina Margherita di Savoia tramite la citazione ai colori propri della bandiera Sabauda tramite il verde del basilico, il bianco della mozzarella e il rosso del pomodoro.
Infatti, benché si tratti ormai di un prodotto diffuso in quasi tutto il mondo, la pizza è un piatto originario della cucina napoletana e, comunemente, ci si riferisce con questo termine alla pizza tonda condita con pomodoro e mozzarella, ossia la variante più conosciuta della cosiddetta pizza napoletana, la pizza Margherita.
In effetti tale pietanza popolare esisteva già prima di tale data avendo la pizza ha una storia lunga, complessa e incerta. In assoluto, le prime attestazioni scritte della parola “pizza” pare risalgono al latino volgare della città di Gaeta nel 997. Un successivo documento, scritto su pergamena d’agnello, di locazione di alcuni terreni e datato sul retro 31 gennaio 1201 presente presso la biblioteca della diocesi di Sulmona-Valva, riporta la parola “pizzas” ripetuta due volte. Già comunque nell’antichità focacce schiacciate, lievitate e non, erano diffuse presso gli Egizi e i Romani (offa).
In questo senso la pizza è un alimento che affonda le sue radici nella cultura popolare di svariate popolazioni e, pertanto, nel 2017 l’UNESCO ha dichiarato l’arte del pizzaiuolo napoletano come patrimonio immateriale dell’umanità ma già dal 4 febbraio 2010, la pizza napoletana era stata ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dell’Unione europea.
Lo sa bene Michele Capuozzo, pizzaiolo doc, che ogni giorno prepara la gustosa pietanza in svariate declinazioni gastronomiche presso la pizzeria “La Campagnola” in Cancello e Arnone (CE).
Esiste, del resto, anche un significato più ampio del termine “pizza”. Infatti, trattandosi in ultima analisi di una particolare specie di pane o focaccia, la pizza si presenta in innumerevoli derivazioni e varianti, cambiando nome e caratteristiche a seconda delle diverse tradizioni locali.
La lavorazione e gli ingredienti della verace pizza napoletana artigianale sono addirittura stati definiti in una norma UNI, l’Ente Italiani di Unificazione (ndr: é la UNI 10791:98).
Ma come il nostro pizzaiolo Capuozzo insegna, la preparazione di una una buona pizza è un’arte, con tanti piccoli grandi segreti, che spesso si tramanda di generazione in generazizone.
Ben lo sanno coloro che, nel tentativo di emulare i pizzaioli professionisti, vi si cimentano a casa ma miseramente falliscono.
A cominciare dalla lievitazione dell’impasto che deve essere lasciato a riposare per lunghe ore, alla stenditura circolare dei panetti che deve avvenire rigorosamente a mano e su un piano in marmo, alla cottura che deve avvenire in forno a legna a una temperatura di 450 gradi.
E così, piuttosto che rovinarsi la giornata trangugiando una brutta copia di pizza scimmiottata in casa, sembra molto più sensato andare in una buona pizzeria e, complice il costo sempre molto abbordabile, gustare come si deve un pezzo della cultura popolare locale.
Cucinata al forno, talvolta fritta, consta di ingredienti semplici e salutari come l’olio extravergine d’oliva, il pomodoro, il fior di latte (o, chi preferisce, la mozzarella di bufala), il basilico.
Dunque anche dal punto di vista nutrizionale la pizza è una preziosa risorsa riscoperta dai più moderni dettami della dietologia. Eventualmente chiusa “a portafoglio”, la pizza é l’alimento fast food perfetto se trascorriamo una giornata per i vicoli di Napoli o per spezzare una lunga giornata di lavoro.
Altro che hot dog ed hamburger di importazione statunitense…!