Interessi, sangue e acqua


La seconda crisi dello Spread si sta risolvendo felicemente di nuovo per le banche italiane. Siamo stati sottoposti da questa estate ad un bombardamento di titoli sui giornali, articoli e dichiarazioni e commenti in TV su come lo Spread faceva soffrire i bilanci delle banche. E questo grido di dolore alla fine ha intenerito anche il cuore di Di Maio e Salvini che saggiamente alla fine si sono rimangiati le promesse elettorali e mantenuto l’austerità (cioè le tasse). I BTP che erano franati in maggio (prendendo per semplicità come riferimento il future del BTP) da diciamo 130 a 115, dopo mesi di oscillazioni tra 115 e 125 sono tornati ora a 128.Come si è letto però gli esteri hanno venduto una cifra tra 70 e 80 miliardi di BTP e qualcuno deve averli comprati perchè per ogni venditore c’è un compratore. Bankitalia da giugno ne ha comprati non più di 20 miliardi (per semplicità e maggiore chiarezza arrotondiamo qui tutte le cifre, non ce ne voglia chi è più preciso). Si può ipotizzare quindi che le banche (e anche assicurazioni) italiane abbiano quindi comprato almeno 50 miliardi di BTP a prezzi più bassi in media di queli attuali. E anche a cedole più alte. L’entità esatta dei guadagni non è facile da calcolare senza la collaborazione delle banche stesse, ma un conto a spanne è che anche solo un 5% in più delle quotazioni su 50 miliardi siano 2,5 miliardi di utile ottenuti in meno di sei mesi.Senza tediare ora con altri resoconti di vicende analoghe del passato, si può dire che da quando esistono i BTP ci sono state periodiche “crisi di fiducia”, anche prima dell’Euro. E si sono sempre risolte in gloria di chi ne approfittava per comprare i titoli a prezzi più bassi e cedole più alte. Di solito chi lo ha fatto erano o le banche estere o la Banca Centrale e le banche italiane. Morale della favola é che lo Stato si ritrova ogni tanto, a causa di queste “crisi dello Spread”, ad emettere titoli di stato sul mercato a rendimenti più alti. Il can can che si genera su media lo costringe a fare o confermare misure di austerità (più tasse o le stesse tasse). Il momento di crisi passa. Chi lavora continua a vedersi la busta paga netta falcidiata dalle tasse e così le imprese mentre le accise salgono sempre. E le istituzioni finanziarie, che sanno come gestire la situazione, si rimpolpano non solo con il sangue nostro ma anche con la nostra acqua. Si sta accelerando una tendenza preoccupante: le banche di Wall Street e i multimiliardari dell’elite stanno acquistando l’acqua in tutto il mondo ad un ritmo senza precedenti mega-banche e colossi d’investimento come Goldman Sachs, JP Morgan Chase, Citigroup, UBS, Deutsche Bank, Credit Suisse, Macquarie Bank, Barclays Bank, the Blackstone Group, Allianz, e HSBC Bank, tra le altre, stanno consolidando il loro controllo sull’acqua. Anche magnati come T. Boone Pickens, l’ex presidente George H.W. Bush e la sua famiglia, Li Ka-shing di Hong Kong, Manuel V. Pangilinan delle Filippine e altri stanno comprando migliaia di ettari di terreno con falde acquifere, laghi, diritti di sfruttamento, aziende di erogazione, azioni in compagnie di ingegneria e tecnologia dell’acqua. Le seconda tendenza preoccupante è che, mentre i nuovi baroni stanno comprando l’acqua in tutto il mondo, i governi stanno rapidamente limitando la capacità dei cittadini di procurarsela autonomamente (come evidenziato dal noto caso di Gary Harrington, nell’Oregon, dove lo stato ha criminalizzato la raccolta dell’acqua piovana in tre laghetti situati sulla sua proprietà privata, accusandolo di 9 imputazioni e condannandolo a 30 giorni di prigione). Mettiamo questa criminalizzazione in prospettiva: Il miliardario T. Boone Pickens possiede più diritti di sfruttamento dell’acqua di qualsiasi altro individuo in America, potendo sfruttare circa 250 miliardi di litri l’anno. Ma l’ordinario cittadino Gary Harrington non può raccogliere l’acqua piovana sui suoi 68 ettari di terreno. E’ uno strano Nuovo Ordine Mondiale quello in cui i multimiliardari e le banche possono possedere falde acquifere e laghi, ma i comuni cittadini non possono neanche raccogliere l’acqua piovana o la neve disciolta nei loro cortili dietro casa. L’acqua è il petrolio del 21° secolo.” Parola di Andrew Liveris, amministratore delegato dell’azienda chimica Dow. […] Solo negli USA, l’acqua è un’industria da 425 miliardi di dollari. Nella sua conferenza annuale sui “Cinque rischi principali”, la Goldman Sachs ha affermato che una scarsità d’acqua potrebbe essere, per l’umanità del 21° secolo, una minaccia più grave di quella di cibo e d’energia. Nel 2012 la Goldman Sachs ha comprato l’azienda Veolia, che eroga l’acqua a 3 milioni e mezzo di cittadini in Inghilterra sudorientale. Nel 2003, insieme al gruppo Blackstone e ad Apollo Management, aveva acquistato Ondeo Nalco, azienda leader nella depurazione dell’acqua, con 10.000 addetti in 130 paesi.Nel 2008, sempre la Goldman Sachs ha investito, insieme ad altri fondi, 50 milioni di dollari nella China Water & Drinks, azienda leader tralaltro nella produzione e distribuzione di acqua in bottiglia in Cina. Poiché la Cina soffre di una delle peggiori carenze d’acqua in Asia, il suo settore delle acque in bottiglia è quello che sta crescendo più velocemente al mondo, e sta vedendo profitti enormi. […] Il maggiore economista di Citigroup, Willem Buitler, nel 2011 disse che “L’acqua diventerà il bene più importante, di gran lunga più del petrolio, del rame, delle risorse agricole e dei metalli preziosi.” […] Nello specifico, una delle opportunità lucrative è la fratturazione idraulica (fracking), in quanto genera una grandissima domanda d’acqua e servizi correlati. Ogni pozzo richiede dai 10 ai 20 milioni di litri d’acqua, l’80% della quale non può essere riutilizzata perché è 10 volte più salata dell’acqua di mare. Citigroup raccomanda ai proprietari di diritti di sfruttamento dell’acqua di venderla alle compagnie di fracking anziché agli agricoltori, perché l’acqua per il fracking può essere venduta ad un prezzo 60 volte più alto di quella per l’agricoltura. […] La famiglia Bush, nel 2005 e 2006, ha comprato 1.200 km quadrati di terreno alla frontiera tra Bolivia, Brasile e Paraguay. Il terreno si trova sulla falda acquifera più grande del mondo, dal volume di circa 40.000km cubi. Si stima che questa riserva sotterranea potrebbe rifornire il mondo intero d’acqua potabile per 200 anni. […] Sfortunatamente, la corsa alla privatizzazione dell’acqua è inarrestabile: molti stati hanno difficoltà finanziarie e non sono più in grado di mantenere e aggiornare le loro aziende di erogazione. Di fronte alle offerte di milioni di dollari da parte di Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Citigroup, UBS, ecc., città e stati avranno molta difficoltà a rifiutare le privatizzazioni. Era il sogno di Muammar Gheddafi: fornire acqua fresca a tutti i libici e rendere la Libia autosufficiente nella produzione alimentare. I libici la chiamavano l’ottava meraviglia del mondo. I media occidentali lo hanno definito il capriccio e il sogno irrealizzabile di un cane rabbioso. Il “cane rabbioso”, nel 1991, aveva profeticamente detto, a proposito della più grande impresa di ingegneria civile nel mondo: “Dopo questo risultato, le minacce americane contro la Libia raddoppieranno. Gli Stati Uniti inventeranno delle scuse, ma la vera ragione sarà la volontà di fermare questo progetto, per tenere il popolo libico assoggettato”. Nel 1953 la ricerca di nuovi giacimenti petroliferi nei deserti del sud della Libia ha portato alla scoperta non solo di riserve petrolifere importanti, ma anche di grandi quantità di acqua dolce negli strati profondi del sottosuolo. Delle quattro antiche falde acquifere che sono state scoperte, ognuna aveva capacità stimate tra i 4.800 e i 20.000 chilometri cubi. Pertanto successivamente salito a potere Gheddafi concepì un piano per portare l’acqua alle persone. Il governo della Jamahiriya libica ha condotto gli studi di fattibilità iniziali nel 1974, e nel 1983 fu istituita l’Autorità del Grande Fiume Artificiale. Questo progetto finanziato interamente dal governo è stato programmato in cinque fasi, ognuna delle quali avrebbe realizzato un sistema autonomo, che alla fine avrebbe potuto formare un sistema integrato. Poiché l’acqua nella Libia di Gheddafi è stata considerata come un diritto umano, non vi è stato alcun onere a carico del popolo e non sono stati necessari prestiti internazionali per la spesa di quasi 30 miliardi dollari del progetto.Nel 1996, durante l’apertura della fase II del progetto del Grande Fiume Artificiale, Gheddafi disse: “Questa è la risposta più grande all’America e a tutte le forze del male che ci accusano di coinvolti nel terrorismo. Noi siamo solo coinvolti nella pace e nel progresso. L’America è contro la vita e il progresso, e spinge il mondo verso l’oscurità”Lo sviluppo e la distruzione Al tempo della guerra guidata dalla NATO contro la Libia nel 2011, tre fasi del progetto Grande Fiume Artificiale sono state completate. La prima e più importante ha fornito due milioni di metri cubi di acqua al giorno lungo una conduttura di 1.200 km da Bengasi a Sirte, ed è stata formalmente inaugurata nell’agosto del 1991. La fase II fornisce un milione di metri cubi di acqua al giorno per la fascia costiera occidentale e per Tripoli. La fase III prevedeva l’espansione del sistema esistente e di servire Tobruk e la costa con un nuovo sistema di pozzi. I “fiumi” sono una rete di 4000 chilometri di tubi in cemento di 4 metri di diametro, sepolti sotto le sabbie del deserto per evitare l’evaporazione. Ci sono 1.300 pozzi, 500.000 sezioni di tubo, 3.700 chilometri di strade e 250 milioni di metri cubi di scavo. Tutto il materiale per il progetto è stato prodotto localmente. Grandi serbatoi immagazzinano l’acqua e stazioni di pompaggio controllano il flusso verso le città.Le ultime due fasi del progetto avrebbero dovuto unire tutta la rete di distribuzione. Una volta che fosse completata, l’acqua di irrigazione dal grande Fiume Artificiale avrebbe consentito di ottenere circa 155.000 ettari di terra da coltivare. Come disse Gheddafi, il progetto renderebbe il deserto verde come la bandiera della Jamahiriya libica. Nel 1999 l’UNESCO aveva accettato l’offerta della Libia di finanziare il Premio Internazionale dell’Acqua Grande Fiume Artificiale, un riconoscimento che riguarda importanti lavori di ricerca scientifica sul consumo d’acqua nelle zone aride. Molti cittadini stranieri lavoravano in Libia al Progetto Grande Fiume Artificiale. Ma dopo l’inizio del cosiddetto bombardamento umanitario della NATO contro il paese nord-africano nel marzo 2011, la maggior parte dei lavoratori stranieri sono tornati a casa. Nel luglio 2011 la NATO non solo ha bombardato il Grande Fiume e le sue condutture di alimentazione nei pressi di Brega, ma ha anche distrutto la fabbrica che produce i tubi per ripararlo, sostenendo che era stato utilizzato come “un deposito militare” e che “razzi sono stati lanciati da lì”. Sei guardie di sicurezza della struttura sono state uccise durante l’attacco della Nato, e la fornitura di acqua per il 70 % della popolazione, sia per uso domestico che per l’irrigazione, è stata compromessa creando danni alle infrastrutture vitali della Libia. Le ultime due fasi del Grande Progetto Fiume Artificiale erano state programmate per proseguire nel corso dei prossimi due decenni, ma la guerra della NATO in Libia ha compromesso il futuro del progetto e il benessere del popolo libico. IL capitalismo ha bisogno dei vizi non dei progetti per il benessere dei popoli.