Due pesi e due misure


No, non è l’ennesima alzata di scudi pro Salvini. Non crediamo ne abbia bisogno e WeeklyMagazine non è una rivista che riceve contributi economici dalla lega.
Ma non ci piacciono le storture e se è vero che la giustizia è potere indipendente dalla politica non lo è, certamente, dall’etica e dalla morale al punto da mettere sullo stesso piano, o addirittura controvertire i valori sul tavolo, di due vicende giudiziarie che in questi giorni si sono surrealmente contrapposte.
In una delle due fattispecie i giudici del Tribunale del riesame di Milano hanno fatto cadere le accuse a carico di uno spacciatore del Gambia, peraltro recidivo e nonostante che le accuse fossero supportate da prove oggettive, sentenziandone la scarcerazione.
E non è tutto. I magistrati nella sentenza hanno scritto che nonostante “un concreto e attuale pericolo di reiterazione di analoghi reati e tenuto conto dei precedenti specifici, ritenuto che i reati commessi dall’imputato sono di lieve entità” (NDR: il gambiano è stato trovato a spacciare “solo” 5 pasticche di ecstasy, come se già una non fosse sufficiente e come se non si potesse, anche in virtù dei reiterati precedenti, verosimilmente immaginare che le 5 pasticche fossero solo un fotogramma dell’attività di spaccio dell’accusato), “posto che il reato è stato commesso a Milano e che le impronte sono tutte relative a fatti commessi in questa città, va applicato il divieto di dimora nei territori del Comune di Milano, onde ad allontanare il ricorrente dal contesto territoriale in cui ha operato”.
Ma la chiosa dei giudici milanesi va anche oltre e risulta oltremodo fantascientifica. Infatti i magistrati hanno deciso il rilascio anche perché il gambiano: “non avendo alcun provento derivante da attività lavorativa, lo spaccio appare l’unico modo per mantenersi”.
Insomma a volere essere sarcastici, considerata la recidività del soggetto, sembra quasi che i magistrati milanesi abbiano pensato: Chiudiamo occhi e orecchi sul povero immigrato gambiano. Che ci importa se dispenserà ancora morte. Che spacci pure in Italia, ma con la sola preclusione del territorio milanese, così che se fosse nuovamente arrestato se la vedrà qualcun altro.
A tale sentenza che dire buonista è dire poco si contrappone, stridendo, la vicenda del Ministro degli Interni Salvini “reo” di avere espresso un indirizzo politico sulla vicenda dei migranti clandestini bloccati su Nave Diciotti, su cui peraltro viaggiavano criminali da dover identificare ed arrestare prima che potessero sbarcare e quindi fuggire, e che conduce la sua azione politica in coerenza del voto di maggioranza incassato alle ultime elezioni sulla base di un programma incentrato proprio sulla limitazione del fenomeno della immigrazione clandestina, che ora si vede imputato in un processo con accuse gravissime (NDR: il fascicolo a carico di Salvini e del Capo Gabinetto Matteo Piantedosi, che parla di sequestro di persona a scopo di coazione, sequestro di persone, omissione di atti d’ufficio, abuso d’ufficio e arresto illegale, proseguirà per il vaglio presso il Tribunale dei Ministri).
Insomma nell’Italia di oggi mentre un spacciatore abituale viene scarcerato un altro uomo, peraltro incensurato, dovrebbe prendere il suo posto in galera solo per avere espresso idee e indicazioni politiche.