La nascita di Bibendum


“Se avesse un paio di braccia, sembrerebbe proprio un omino!”, disse Edouard Michelin, al fratello Andrè, in occasione dell’Esposizione Universale e Coloniale di Lione, nel 1894, vedendo una pila di pneumatici, nel suo stand, disposti in modo artistico.  Da questa casuale intuizione, creò l’immagine del pupazzo  “Bibendum”, il famosissimo “Omino Michelin”, ideato nel 1898, dall’artista francese Marius Rossillon, più conosciuto con il nome d’arte di “O’Galop”. 
Bibendum, nato 120 anni fa, è diventato il “particolarissimio” simbolo della principale azienda produttrice di pneumatici ed il compagno fedele di migliaia di viaggiatori, in tutto il mondo, con l’edizione dell’ omonima “guida”, nata in Francia, nel 1900, con lo scopo di spingere i pochi automobilisti transalpini del tempo a viaggiare di più, fornendo loro indirizzi e valutazioni dei siti migliori, ove mangiare e dormire.
Nel 1898, poi, guardando uno schizzo pubblicitario per una “brasserie”, disegnato da O’Galop, André Michelin ebbe un’altra idea: sostituire il gigante barbuto che alzava il boccale di birra con un uomo fatto di pneumatici, uno sull’altro, e con in mano una tazza piena di chiodi e vetri rotti. Nacque così l’”Omino Michelin”, questo personaggio di grande successo, che ha sponsorizzato, nel mondo, il prestigioso marchio di gomme d’auto, accompagnando l’apertura di ogni nuova filiale, da Parigi a Londra, da Madrid agli Stati Uniti, dove, nel 1907, venne inaugurata la fabbrica di Milltown, nel New Jersey.
Con il passare degli anni, la Michelin ha fatto sempre meno uso di artisti esterni, per realizzare Bibendum nei diversi contesti. Le immagini divennero più standardizzate, sebbene non siano mancate varianti specifiche, per ogni Paese, come l’Omino vestito da beduino, per gli stati dell’Africa del Nord o, con stivali e sciarpa, nelle località più fredde, come Germania o Svezia. In Giappone è apparso simile a un lottatore di Sumo e, con l’evoluzione delle gomme, i suoi anelli sono diventati sempre più spessi. L’”Omino Michelin”, quello di colore bianco e composto da camere d’aria di pneumatici, con la banda azzurra su cui è stampigliato il nome della ditta, a cui hanno lavorato, negli anni,  artisti della pubblicità, come Hautot, Grand Aigle, Riz, Cousyn e René Vincent, ha assunto notorietà a livello internazionale negli anni Venti, dopo l’esordio, come protagonista del manifesto dal titolo “Nunc est Bibendum” (“Adesso dobbiamo bere”), in cui viene citata l’Ode di Orazio ed appare come una mummia, con un calice di vino in mano. Nel 2000 il logo è stato riconosciuto dal “Financial Times”, come il migliore mai realizzato. A onor del vero, l’omino non ha sempre trasmesso un’immagine di serenità. Nelle prime rappresentazioni, lo abbiamo detto, era più simile a una mummia che a un simpatico pupazzo grassottello.
Una nota triste. La famiglia è stata segnata, nel 2006, da un tragico lutto. Edouard Michelin, quarantatreenne,  erede della dinastia, Pesidente e Amministratore Delegato del numero uno mondiale degli pneumatici, è morto annegato, vittima di un naufragio, durante una battuta di pesca d’altura.