Quel business di chi spettecolarizza la mala


Saviano non mi è mai piaciuto. È un fatto.
A prima vista sembra affascinante con la sua aria da intellettuale raffinato ma a differenza dei neo melodici, che certo non fanno onore allo spessore della canzone classica napoletana (ma almeno, nella loro sincerità, risultano simpatici), lui a ben vedere irrita.
E non perché è di sinistra piuttosto che di destra ma per quel suo modo di raccontare la criminalità organizzata, che invero attanaglia il Sud quanto il nord e anche se non se ne parla in via generale molte nazioni, ma che lui propone come se fosse una esclusiva di Napoli, del sud e, per estensione, un problema solo Italiano.
Insomma per Saviano l’Italia é peggio della Colombia o della Nigeria e questo scrittore quasi si crogiola nella spettacolarizzazione dei racconti che propone tanto che, alla fine, perdono il loro valore di cronaca giornalistica per assumere quello, ben più speculativo ma del tutto finto, della fiction.
Saviano sarà un’ottima persona, non lo metto in dubbio, ma é il suo personaggio che proprio non digerisco. Sarà per quel modo supponente ed odioso col quale si propone, come se fosse il prescelto di Dio nel rivelare a tutti noi, poveri tonti, che in Italia c’è la camorra, la ndrangheta, la mafia e se non ci fosse stato lui saremmo ancora alle prese con compare Turiddu e i Corleone. Anzi no, i Casalesi.
Forse sarà perché sbandiera l’esigenza di avere una scorta (e sottolinea da ben 11 anni…) come uno status symbol perché, riflettiamo, se davvero avessero voluto fargli la pelle, come anche lui ben sa (ma si guarda dal dirlo) la mafia, la camorra, i casalesi, in oltre dieci anni avrebbero avuto non una ma cento occasioni per farlo. Che forse Falcone e Borsellino, che la scorta l’avevano, non sono stati egualmente raggiunti dalla lunga mano della mafia?
Saviano, diciamocelo, per tua fortuna (e di questo sono sinceramente contento, anche per l’incolumità dei lavoratori che ti fanno da scorta) la tua persona non deve essere stata proprio ai primi posti delle priorità della malavita sennò, con tutti gli spostamenti che fai da uno studio televisivo all’altro pur di promuoverti e promuovere il tuo lavoro, in un modo o nell’altro sarebbero riusciti nell’intento. Scorta o non scorta.
Saviano, inoltre, rende la sua immagine ridicola quando tenta di buttarsi in politica. Ora che l’interesse su “Gomorra” sta scemando, si vorrá riciclare come cronista politico o, addirittura, vorrà iniziare una lunga campagna elettorale per sè? Ai posteri l’ardua sentenza ma é bene ricordare che nella recente quuerelle con Salvini, é stato proprio Saviano a dare il via alle ostilità. Non tutti sanno, infatti, che il siparietto a distanza tra il Ministro degli Interni e lo scrittore nasce da un proditorio attacco di quest’ultimo è non viceversa! Solo che, poi, Saviano non ha gradito che il Salvini gli rendesse pan per focaccia (non si è neppure reso conto che lo stesse canzonando sulla questione della revoca della scorta in quanto entrambi sanno bene che non spetta al Ministro degli interni stabilire chi ne ha diritto e chi no) al punto da indispettirsi e appellarlo “Ministro della malavita”, che sottolinea essere espressione coniata da Gaetano Salvemini, e “buffone” (NDR: La foto a corredo di questo articolo é tratta da un fotogramma del video messaggio che Saviano ha rivolto a Salvini).
Insomma, Saviano si arroga il diritto di poter parlare di tutto e su tutti ma sembra avere la coda di paglia. Guai a chi lo tocca, sia pure per reazione. Siete avvisati: lui é intoccabile.
Ma, soprattutto, Saviano si rende antipatico perché sostiene che l’Italia é il paese più malavitoso al mondo. Mente sapendo di mentire rappresentando l’Italia come cloaca del pianeta e mentre agli occhi dei più arguti appare solo come una strategia commerciale per promuovere i suoi lavori editoriali, non si cura che così facendo getta merda su tutti gli italiani che invece lavorano onestamente e conoscono l’Italia come grande nazione, farò di civiltà, fatta di gente perbene, operosa, rispettosa della legge.