Vietato abbassare la guardia – parte 2 di 2


(NDR: Continua dalla prima parte pubblicata la scorsa settimana)
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A parte il fatto che i morti russi, per tanti che fossero (e lo furono davvero!) furono causati solo in parte dai puri atti bellici, dato che buona parte di essi deve la perdita del bene supremo a Stalin e ai suoi compagni, da Beria in poi. Ma come si fa, per la miseria, a mettere sui piatti di una bilancia i morti e pesarli come le mele? Già uno sarebbe troppo! E poi lo vada a dire a chi nelle foibe e nei lager di Tito ha perso un figlio, un padre, una sorella. Lo vada a dire a loro caro il mio ex-onorevole, così vediamo come reagisce chi in quei tristi giorni ha perso i familiari e tutto ciò che aveva.
Ma Rizzo è in buona compagnia. Non mancano infatti giornalisti e pseudo-studiosi pronti a soffocare ogni legittimo desiderio di giustizia da parte di quelle povere genti. Come il Manifesto che nell’articolo “La lunga marcia del revisionismo storico” definisce in pratica una solenne bufala la storia delle foibe e arriva persino a dichiarare che queste cavità naturali vennero in realtà utilizzate dagli italiani come tombe per le vittime della pulizia etnica che operarono contro la popolazione slovena!
Ci sono poi presunti storico i quali, con studi che definire scientifici è a dir poco ridicolo, si spingono a dire che nelle foibe sono stati trovati solo resti di animali e tonnellate di rifiuti buttati là dentro da generazioni di contadini e pastori. Furono sì trovate ossa umane, probabilmente di soldati americani (americani???) ma siccome il governo degli Stati Uniti non richiese mai una ricerca ufficiale, forse erano solo dei disertori.
E che dire della dottoressa Alessandra Kersevan, attivista del partito comunista e da sempre simpatizzante della politica del maresciallo Tito, la quale in lezioni che si possono anche trovare su YouTube sostiene anch’ella che le foibe furono solo fumo negli occhi per occupare Trieste ai danni dei poveri serbo-croati e i pochi resti trovati non giustificano tutto il baccano che si è creato attorno a una vicenda così minuscola, essendo in quei luoghi stati uccisi solo “collaborazionisti, filo nazisti e criminali di guerra che operarono sul confine orientale in Friuli Venezia Giulia, Istria e Dalmazia”.
Secondo lo storico Gianni Oliva, autore di numerosi saggi sul Novecento e in particolare di un’opera sulla tragedia dell’esodo degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia: «Certamente ogni evento storico ha un prima e un dopo e anche il dramma delle foibe va contestualizzato. Ma ciò che accade prima non giustifica mai quanto si verifica dopo. Le foibe sono stato il prezzo pagato dall’Italia per aver perso la guerra». Oliva smonta pezzo per pezzo le tesi della Kersevan, come quella che minimizza il numero delle vittime: migliaia e non centinaia. «Quando i fatti avvengono – spiega lo storico – nessuno tiene i conti, ma non c’è dubbio che i numeri siano stati minimizzati dalla sinistra ed amplificati dalla destra. Ho studiato documenti conservati a Washington e Londra. Le relazioni inviate dalle truppe americane ed inglesi giunte a Trieste subito dopo il passaggio di Tito. I militari non avevano interesse a deformare la verità e le vittime accertate in quei documenti sono tra le 8mila e le 10mila. E comunque non vedo che cosa cambi. Che cosa cambia se gli ebrei sterminati sono stati 4 milioni invece di 6? Non vedo la differenza».
Ciò nonostante i negazionisti continuano nella loro opera, citando fonti assolutamente improbabili e numeri ridicoli. Ed è per questo che non bisognerà mai abbassare la guardia, evitando che le menzogne di chi è da sempre abituato a mentire si facciano di nuovo strada nei cuori e nelle menti. I morti furono tanti, troppi! Ma c’è comunque chi nega l’evidenza. Eppure le stime ufficiali sono di ben altro tenore. Certo, le foibe non furono l’unico luogo dove i dalmati e i giuliani trovarono la morte: si stima che una buona parte di essi perì nei lager di Tito (si veda ad esempio il mio articolo “Cosa c’è dietro le Foibe…” dello scorso 11 marzo su queste pagine). E anche i numeri non potranno mai giungere ad una cifra certa.
Già, perché quando si affronta il dramma delle foibe ci si scontra subito con un quesito brutale: quanti furono i morti? Ora, la contabilità cimiteriale è una pratica tetra e in verità piuttosto noiosa, molto efficace nella comunicazione propagandistica ma poco utile a capire la complessità dei fenomeni. E tuttavia, poiché la storia si fonde spesso con la politica, ragionare di numeri risulta alla fine inevitabile.
Il gruppetto scomposto che andò a interrompere lo spettacolo di Simone Cristicchi a Firenze ha diffuso volantini e comunicati in cui possiamo leggere passi del genere:
Il “moto di odio e di furia sanguinaria” [si sta citando una frase di Napolitano – ndr] dovrebbe riferirsi alle 798 vittime ufficialmente ritrovate nelle cosiddette foibe, cioè le cavità carsiche presenti in territorio giuliano e istriano, fra il 1943 e il 1945. Infatti, nonostante i numeri sparati a caso di volta in volta dai vari esponenti politici, dall’estrema destra alla sinistra più ossequiosa, gli unici corpi ritrovati furono quelli che il maresciallo dei Vigili del Fuoco Harzarich ripescò nel biennio ’43-’45 (ribadiamo: fonte ufficiale fascista, quindi interessata ad amplificare l’accaduto). Poi più nulla. A ben vedere, in un contesto territoriale e temporale in cui morirono 50 milioni di persone, parlare di “moto di odio e di furia sanguinaria” sfiora il controsenso.

2 maggio 1945: La fucilazione di Michele Morsero

La falsificazione è palese. Del resto liquidare il capitolo foibe con la mera contabilità dei corpi effettivamente ritrovati è semplicemente folle. Primo, per le difficoltà oggettive del compito di riesumazione (del resto una delle ragioni dell’infoibamento è appunto l’occultamento dei corpi). Secondo, perché l’espressione “foibe” è chiaramente una sineddoche (figura retorica che sta a indicare una parte per il tutto) in cui vengono convenzionalmente incluse anche le vittime di campi di concentramento, processi sommari etc. che pure non finirono nelle cavità carsiche, esattamente come nella letteratura sulla sorte degli ebrei nella Seconda guerra mondiale si parla sia delle fucilazioni sul fronte dell’est che dei campi di concentramento. Quanto al “contesto territoriale e temporale in cui morirono 50 milioni di persone”, definire il ragionamento capzioso è dire poco. Come se immensi sconvolgimenti durati anni su interi continenti fossero paragonabili a stragi perpetrate in pochi mesi su una minuscola porzione d’Italia. Come se, in generale, il massacro grande “mangiasse” il massacro piccolo, secondo una logica per cui Hiroshima potrebbe essere liquidata con una nota a piè di pagina nei libri di storia. SI direbbe che le argomentazioni di certa sinistra si assomiglino tra di loro, a giudicare dal tono di questi vaneggiamenti e di quelli di Marco Rizzo, citati più sopra.
Quanto alla difficoltà di ragionare sui morti effettivamente ritrovati, si consideri solo che nella famigerata foiba di Basovizza si è dovuto, macabramente, ragionare per “metri cubi di cadaveri” per avere un’idea dell’entità delle uccisioni avvenute in quel luogo.
Scrisse tempo fa il Corriere della Sera:
Un cippo sulla foiba di Basovizza, sulla lastra di pietra che chiude per sempre la voragine in cui furono precipitati i martiri di Trieste e della Venezia Giulia, ne riporta incisi i livelli. In origine la profondità risultava di 300 metri. Nel 1918 era di 228: la differenza era costituita da depositi di detriti, di carbone e di munizioni gettate là dentro dopo la guerra mondiale. Nel 1945, all’ultima misurazione, la foiba era profonda 135 metri: la differenza, stavolta, si doveva ai cadaveri degli italiani assassinati precipitandoli, spesso vivi, nell’abisso. Quanti? Forse 2.000, ma un conto esatto non si potrà mai fare. Fu detto, con brutale espressione, che a Basovizza c’erano 500 metri cubi di morti. Quattro/cinque per metro cubo. Con buona pace della dottoressa Kersevan, che se vuole può andare a controllare di persona.
Ma è possibile, in generale, fare una stima delle vittime totali del dramma istriano che superi l’offensiva cifra di poche centinaia ma che ridimensioni anche i numeri influenzati dallo choc del momento, quando si arrivò a parlare di 40mila morti?
Secondo i calcoli di Luigi Papo per il Centro studi Adriatici per il periodo 1943-1945 abbiamo: 994 salme esumate da foibe, pozzi minerari, fosse comuni; 326 vittime accertate ma non recuperate; 5.643 vittime presunte sulla base delle segnalazioni locali o altre fonti; 3.174 vittime nei campi di concentramento e di lavoro jugoslavi, computate sulla base di segnalazioni o altre fonti. Quindi ben 10.137 persone mancanti in seguito a deportazioni, eccidi e infoibamenti per mano jugoslava. A questa cifra andrebbero poi aggiunte le vittime di ben trentasette fra foibe e cave di bauxite per le quali non è stato possibile alcun accertamento pur “essendo nella certezza che ivi furono compiuti altri massacri”. In questo modo la cifra finale sarebbe di 16.500 vittime.
Lo storico Gianni Oliva (che ha avuto anche incarichi politici nel Pci, poi nel Pds fino al Pd) ha scritto nel suo Foibe (Mondadori) che le vittime delle prime foibe, quelle del settembre-ottobre 1943, sarebbero fra le 500 e le 700. Più complessa la questione per i fatti del 1945. Scrive lo storico: “Dal confronto fra i dati contrastanti a disposizione, si può tuttavia ipotizzare la stima di circa diecimila persone eliminate nelle foibe o nei campi di concentramento, una cifra di riferimento che va presa con precauzione, ma che vale ad inquadrare il fenomeno entro le reali dimensioni di eccidio che esso ha assunto”.
Altri storici danno cifre inferiori. Scrive per esempio Marina Cattaruzza in L’Italia e il confine orientale (Il Mulino): “Il numero complessivo degli scomparsi tra il 1943 e il 1945 nei territori occupati temporaneamente o definitivamente da unità partigiane o filojugslave o dall’esercito di liberazione jugoslavo sembrerebbe oscillare tra 4000 e 5000 persone”.
Più prudentemente, uno dei massimi storici dell’esodo, Raoul Pupo, dichiara: “Quando si parla delle vittime delle foibe l’importante è l’ordine di grandezza, che è di alcune migliaia”.
Di più, forse, non ne sapremo mai. Di sicuro la forbice, purtroppo molto ampia, fra 5000 e 15.000 racchiude l’esatta entità del fenomeno. Il che, inquadrato nel contesto della limitata porzione spaziale e temporale in cui avvennero gli eccidi, della brutalità disumana che li accompagnò, fra stupri, sevizie e torture, dell’esodo che ne seguì, della rimozione storica durata per anni e anzi accompagnata dalla colpevolizzazione tanto degli storici che degli stessi sopravvissuti – tutto questo, dicevamo, contribuirà a far sanguinare ancora per molto tempo quella ferita nazionale chiamata “foibe”.
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Fonti:
http://www.wikipedia.it
http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/camera-si-minimizza-tragedia-storico-oliva-fu-pulizia-etnica-1362068.html
http://www.carabinieri.it/arma/curiosita/non-tutti-sanno-che/m/malga-bala
Gianni Oliva: “Foibe” (Mondatori)
Marina Cattaruzza: “L’Italia e il confine orientale” (Il Mulino)