Che Fico!


L’elezione del pentastellato Roberto Fico a terza carica dello Stato ha portato una serie di novità nel panorama politico nazionale, di cui certamente al più importante è che per la prima volta abbiamo un presidente della Camera con il cognome che inizia per F.
Tra e altre novità, tutte di minor conto, la vis polemica dei nostri concittadini ha preso a bersaglio il fatto che il neoeletto Presidente abbia scelto di viaggiare da e verso Montecitorio utilizzando i mezzi pubblici, rifiutando scorta ed auto blu.
L’atto è senza dubbio degno di nota e merita il plauso dei cittadini che finalmente vedono ridurre in modo sensibile gli sprechi della politica. E’ addirittura possibile che la scelta sia caduta su di lui proprio grazie a questo suo manifestarsi come ‘puro’, uno che non cede a compromessi e resta fedele ai dettami dell’ideologo del Movimento, insomma: il miglior Fico del bigoncio.
Indubbiamente anche il fatto che Fico abbia dichiarato di rinunciare all’appannaggio di Presidente della Camera lo rende degno di stima, non fosse che per il piccolo particolare (a lui certo non sconosciuto, ma a molti suoi sostenitori sì) che da regolamento della Camera dei Deputati non è ammessa la rinuncia a questo beneficio.
Il cittadino Fico dovrà quindi nuovamente sottoporsi all’autotassazione, come già era uso fare nella precedente legislatura, nella quale aveva rinunciato al compenso quale presidente della Commissione di Controllo sulla RAI, quindi incassarlo normalmente e solo successivamente versarlo nelle casse del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese e le Startup Italiane, in cui anche la metà del suo stipendio da deputato e di tutti gli altri parlamentari del Movimento 5 Stelle convergono (salvo dimenticanze o malintesi da parte di gente che poi magari va a spenderli n Marocco).
Naturalmente dalla quota restituita vengono detratte le spese rendicontate, e qui ci troviamo di fronte a un altro aspetto che lascia perplessi. Il nuovo corso del cittadino Fico sembra lasciare intendere che l’uso del taxi debba essere evitato in quanto causa di spreco del pubblico denaro; tuttavia nel corso del 2017 Fico ha rendicontato spese di taxi per euro 2486,10, mentre a quanto pare l’autobus e la metro li ha usati più o meno le stesse volte che io ho usato il battitappeto, spendendo un totale di 22,50 euro.
I grillini ci hanno abituato a queste manifestazioni di stampo demagogico (il termine populista per noi riveste un significato positivo, essendo nato per descrivere la politica Peronista il cui motto era “dal pueblo y para el pueblo”), ma alcune di esse sono spesso osannate senza rendersi esattamente conto di cosa ci sia sotto.
Prendiamo ad esempio il reddito di cittadinanza tanto sbandierato da Giggino Di Majo durante l’ultima campagna elettorale. Facendo due conti scopriamo che a volerlo elargire a cinque milioni di persone, tra italiani poveri e immigrati degli di accoglienza, lo Stato dovrebbe dare a ciascuno 870 euro al mese, ossia 10.440 euro l’anno, che per 5 milioni di aventi diritto diventano 52 miliardi e 200 milioni di Euro: circa il valore di tre finanziarie belle robuste! E dove li prenderemmo tutti questi soldi? Non certo dall’abolizione degli enti inutili come il candidato premier grillino sosteneva in un talk show poco più di un mese fa!
Ma la demagogia non bada a spese, e allora giù con altre cifre date in pasto ai poveri elettori, tanto che molti cominciano a chiedersi se non fosse – appunto – solo fumo e niente arrosto.
Tornando alle manifestazioni esteriori di Roberto Fico tese a ingraziarsi il popolo, non potendo distribuire croissant al momento si accontenta di bagni di folla sull’autobus 85 che dalla stazione Termini porta a Montecitorio, circondato da giornalisti immortalanti il nobile spirito partenopeo che dopo un’ora di Frecciarossa (ma rigorosamente in seconda classe) risparmia soldi dei contribuenti e contemporaneamente sovvenziona le casse della municipalizzata capitolina, con grande soddisfazione del sindaco Raggi (sì, perché via la Boldrini, anche i sindaci si sono riunificati nel genere maschile).
Però un pensiero sfacciato si affaccia alla mente. Dopo tutto siamo in Italia, quindi sia le grandi organizzazioni sia le piccole cose di tutti i giorni funzionano come di solito succede nel Bel Paese. Quindi è possibile che il giorno in cui il Presidente Mattarella convocherà i presidenti dei due rami del Parlamento per iniziare le consultazioni in vista della formazione del nuovo governo si verifichi la seguente scenetta.
La senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, si trova nella sua auto (blu) con tanto di scorta in attesa che il presidente della Camera arrivi e scenda dalla sua auto come vuole il Protocollo.
L’addetto al Protocollo in compagna di un corazziere si avvicina all’auto e dice che la senatrice può scendere perché l’onorevole Fico arriverà a piedi.
Panico generale: va bene che il cavallo di San Francesco è uno dei suoi mezzi di locomozione preferiti, ma l’auto in questi casi è quasi un dogma! L’addetto al Protocollo spiega che in effetti l’on. Fico si era mosso in auto, con la sua cinquecento del 1967, ma a causa di una buca nell’asfalto la suddetta auto era quasi sparita nella voragine e il suo unico occupante aveva dovuto proseguire a piedi. Anche la scorta (che lo seguiva di nascosto) aveva dovuto ripiegare sulle suole delle proprie scarpe perché l’onorevole non ne voleva sapere si salire su un’auto blu, anche se era una punto grigia metallizzata.
Il Presidente della Repubblica, nel frattempo, si era smazzato due ambasciatori di Trinidad & Tobago e del Camerun e stava pranzando in attesa di quei due.
Altra scena possibile: Montecitorio in seduta plenaria attende l’apertura dei lavori per votare la fiducia al nuovo esecutivo. Il presidente Fico non si vede. Dopo un’attesa estenuante entra un commesso e sussurra qualcosa all’orecchio della vicepresidente Taverna, la quale agguanta il campanello e zittisce l’Aula, quindi con la sua consueta sobrietà annuncia: “Ahò, stateme a sentì! Er presidente Fico ce informa che so’ ddu ore che attende l’autobusse ala fermata d’ ‘a stazione, e che ariverà ar più presto… traffico permettendo”.
Ecco, capite? La rinuncia manichea ad ogni forma di privilegio, ivi inclusi scorta e auto di servizio di qualsiasi colore, se da una parte possono essere considerati il gesto di un cittadino integerrimo dall’altra instillano quanto meno il dubbio che si tratti di una sorta di captatio benevolentiae nei confronti dell’elettorato e ancor più un atto non proprio responsabile. Infatti la cosiddetta ‘auto blu’ in una città come Roma, caotica e con strade non proprio ‘smooth’, spesso è utile o addirittura indispensabile semplicemente per non fare tardi! Ossia per evitare che i ritardi generino altre spese, spesso maggiori del costo stesso dell’auto con autista. Se ad esempio devo far attendere una dozzina di capi di stato a causa di un ingorgo, oltre a far fare una figura fecale all’organizzazione statale genero una serie di ritardi nel protocollo che immancabilmente andranno a ribaltarsi in ulteriori spese di rappresentanza.
Per non parlare del rischio che la persona può correre. Se, ad esempio, un mentecatto decidesse di pugnalare sull’autobus il Presidente della Camera proprio perché sa che è su quel mezzo e privo di scorta, al di là della perdita biologica comunque rimpiazzabile (morto un fico se ne pianta un altro) quanto grande sarebbe il danno per le istituzioni?
Insomma, il nuovo corso grillino a Montecitorio sta rivelandosi inizio di un’infinita serie di incertezze. L’unica certezza è che l’avvento di Fico alla presidenza della Camera ha del tutto annullato la possibilità di convertire i nomi al femminile.