Cosa c’è dietro le Foibe….


“…Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 kg. Fummo sospinti verso l’orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c’impose di seguirne l’esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole “un’altra volta li butteremo di qua, è più comodo”, pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott’acqua schiacciandomi con la pressione dell’aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca.”

Il 10 Febbraio è il giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata. Migliaia di italiani furono massacrati dai partigiani locali e i comunisti di Tito. Il silenzio degli storici di partito e l’omissione complice della scuola pubblica italiana, hanno fatto si che le giovani generazioni non sapessero affinché non ricordassero.
Ricordando questi figli ed eroi d’Italia troppo a lungo dimenticati da una nazione che sa solo esaltare la storia scritta in modo strumentale dai vincitori facendo morire due volte questi uomini, donne, bambini e vecchi che non avevano altra colpa se non quella di essere italiani, intendo da queste colonne lanciare un’accusa a coloro i quali per oltre settant’anni si sono macchiati di una colpa ancor più grave di quella degli assassini infoibatori: la colpa della complicità silenziosa.
Essi sapevano ma hanno taciuto, erano a conoscenza di fatti talmente vergognosi da non meritare il solo biasimo, ma una condanna pesantissima, morale e materiale; condanna che – ne siamo purtroppo ben consci – non verrà mai ufficializzata, ma proprio per questo dev’essere almeno scritta e divulgata.
Tempo addietro il giornalista televisivo Luigi Gandi nel programma Le Quarentìe su Tele Nord Est intervistò lo storico Marco Pirina, il quale da oltre vent’anni sta compiendo ricerche sull’esodo istro-veneto e sulla tragedia delle foibe. Ebbene, Pirina in quell’intervista ha dichiarato di avere avuto accesso agi archivi di stato di Lubjana e di Belgrado, che ancora conservano documenti risalenti alla Yugoslavia di Tito negli anni della II Guerra Mondiale.
Durante l’intervista è emerso che le popolazioni istro-venete sono state tradite dal governo italiano, ovvero da quei personaggi che sarebbero diventati – di lì a poco – alcuni dei padri della patria: Pertini, Valiani, Parri, Rossi, personaggi che in quel momento storico erano a capo del CLN Alta Italia.

Documenti che oggi escono dagli archivi, dove hanno posto sulla bilancia del trattato di pace di Parigi ciò che per decenni non era mai trapelato, ad esempio la delega ai partigiani Garibaldini della “Natisone” di decidere il confine orientale. Pirina dichiara di aver parlato con in partigiano “Vanni” prima della sua morte, avvenuta nel 2007, il quale gli disse di aver utilizzato tale delega per estendere il controllo della Venezia Giulia e dell’Istria ai comunisti di Tito. Disse anche di non essersi pentito di averlo fatto, e pur essendo dispiaciuto per “quelli che se ne sono andati”, dichiarò che erano nemici della nazione e del progetto comunista.
Vanni per inciso non si fece nemmeno un giorno di galera per l’eccidio di Porzûs, fuggendo in Cecoslovacchia e quindi in Romania prima di venire graziato dai suoi amichetti al potere in quegli anni.
Ecco quindi che il percorso diventa drammatico, perché durante la seconda parte della guerra mentre avevamo in qualche maniera scaricato i tedeschi siamo andati anche a scaricare gli anglo-americani perché dopo la svolta di Salerno e l’ingresso dei comunisti al potere finanziavamo con tre milioni di lire di allora al mese i comandanti delle armate yugoslave (e Pirina dice di aver visto le ricevute). Si tratta di oltre 3 milioni di euro attuali.
A che servivano questi soldi? Molto semplice: il patto era che dovevano arrivare a Trieste prima degli alleati anglo-americani!
Pirina ha anche asserito che il CLN ospitava a Roma, al Grand Hotel di via Veneto, il sig. Josip Broz, alias Maresciallo Tito circa una volta al mese dal luglio del 1944, come dimostrato da atti e fotografie. A Roma Tito s’incontrava con gli esponenti del CLN in casa di Togliatti anche con de Gasperi! Quindi si dimostra come questi personaggi, a cui ancora oggi vengono dedicate vie e piazze, hanno giocato con la vita di oltre 350 mila persone, e ci hanno giocato fino all’ultimo, perché l’ultimo documento riservato, ritrovato da Marco Pirina sia a Belgrado che (udite, udite!) a Roma, è un accordo che va dal 1957 al 1962 con la federazione yugoslava sui prigionieri ancora in vita nel ’62, anno in cui il governo italiano (quello ufficale, non più il CLN) pagava singolarmente e nominativamente pacchi di vettovaglie e vestiti per prigionieri ancora in vita a Vitrovica, una miniera-lager al confine con l’Ungheria, purché non ritornassero in Patria perché le situazioni politiche erano cambiate.
Quindi questi nostri fratelli, prigionieri dei titini, sono stati trattenuti per diciassette anni dopo la fine della guerra come schiavi in una miniera di rame con l’Italia connivente che ne pagava il mantenimento purché non ritornassero in Italia!
Ma Pirina mette anche la ciliegina sulla torta: il governo italiano aveva mandato le circolari agli enti previdenziali perché ai familiari di quei prigionieri venisse riconosciuta la pensione dal 1947, con un danno erariale non da poco, che si va ad aggiungere al danno all’erario provocato da quelle 32 mila pensioni, pari a oltre tremila miliardi di vecchie lire che ogni mese vengono date con la reversibilità del 100% anche a degli assassini.
Qui finiva l’intervista a Marco Pirina. Chi volesse approfondire è libero di farlo, anzi, saremo ben contenti di pubblicare ogni ulteriore fatto che getti nuova luce sulle ombre che per tre quarti di secolo hanno coperto questa barbarie e le vergogne che si è trascinata con sé.