La politica del baksheesh


In questo periodo pre-elettorale non passa giorno che non accadano fatti che sembrano fatti apposta per scompaginare i piani dei partiti in lizza.
La scorsa settimana un nuovo petardo è scoppiato tra le mani alla Banda della Finocchiona.
A quanto si apprende dai giornali, una certa Celeste Oranges è stata assunta con chiamata diretta dal sindaco fiorentino Dario Nardella, delfino (o boccalone?) di Pinocchietto.
Fin qui non ci sarebbe nulla di male: succede spesso, anche se talvolta per qualsiasi amministrazione risulta difficile giustificare il mancato passaggio attraverso il concorso pubblico.
In realtà apprendiamo che un concorso c’era stato, ma andiamo con ordine.
Dicevamo che il fatto in sé, pur presentando un’anomalia rispetto alla normale prassi, non può essere considerato irregolare.
Purtroppo però i media ci avvisano pure del fatto che la signora (o signorina, non lo sappiamo) Celeste è figlia nientemeno che della dottoressa Acheropita Mondera Oranges, che da alcuni anni è Procuratore Generale della Corte dei Conti della Toscana.
Una coincidenza? Non lo sappiamo, tuttavia sapendo che a pensar male si fa peccato ma di solito ci s’azzecca, ci siamo informato ulteriormente. A quanto si è saputo, il 26 ottobre scorso il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha assunto negli uffici della Città Metropolitana la 28enne Celeste Oranges, accreditata di una laurea magistrale in Legge ma priva di alcuna esperienza professionale. Casualmente si è venuto a sapere anche che sua madre nel 2014 ha richiesto l’archiviazione per Matteo Renzi in un procedimento aperto a suo carico dalla Corte dei Conti per danno erariale, per le nomine ai tempi in cui era Presidente della Provincia.
Ma la ciliegina sulla torta l’ha messa Il Fatto Quotidiano, aggiungendo un’altra casualità (non cominciano ad essere troppe?): il 7 settembre dello scorso anno, un mese prima di ricevere l’incarico per chiamata diretta in Città Metropolitana, la Oranges aveva partecipato alla prima prova di un concorso pubblico del Comune di Firenze per 48 posti di ‘istruttore direttivo amministrativo’. Un bando al quale risposero tremila candidati che svolsero la prima prova: solo 500 sarebbero stati selezionati per la seconda prova. In quell’occasione Celeste Oranges si è piazzata al 627esimo posto, quindi esclusa da ogni ulteriore selezione: attraverso il concorso non avrebbe potuto ottenere nessun incarico nell’amministrazione fiorentina. Tuttavia Nardella dev’essere stato in qualche modo favorevolmente impressionato dalle doti di questa candidata, tanto che, dopo poche settimane, l’ha voluta nell’Ufficio per il Patto per la Giustizia della Città Metropolitana di Firenze, ritenendola – come si legge nel decreto di nomina – “una figura specializzata in ambito giuridico”.
Lo stipendio? Una bazzecola: 47mila euro lordi l’anno per una neolaureata la cui esperienza si limita a un paio di tirocinî.
Considerando le trattenute fanno all’incirca 2.300 Euro netti al mese per tredici mensilità!
Se adesso volete farvi una bella risata, è meglio che leggiate le prossime due righe: la neoassunta dottoressa ha chiesto e ottenuto di essere messa in aspettativa retribuita!
Avete capito bene: non lavora e i fiorentini le passano lo stipendio!
Orbene, cara dottoressa, hai avuto la fortuna (se possiamo chiamarla così) di trovare un posto di lavoro alla faccia di tanti che – forse – avrebbero avuto più merito? Beh, almeno lavora!
Contattato telefonicamente dai giornali, il sindaco ha preferito non rispondere, chiedendo di inviargli un messaggio, cosa che puntualmente è stata fatta. Ma alla domanda: “Prima della nomina lei conosceva Celeste Oranges? Le è stata segnalata? Come è stata selezionata?” non è seguita alcuna risposta. Già, frattanto l’opposizione a Palazzo Vecchio, e in particolare il consigliere comunale Tommaso Grassi, sta valutando come chiedere conto dell’assunzione, perché egli stesso ha dichiarato (udite, udite!!!) che “Nardella ha dotato la città metropolitana di un regolamento che non prevede interrogazioni”. Comunque, aggiunge Grassi, “stiamo istituendo un canale per raccogliere le candidature così da proporre al sindaco, che come il suo predecessore si fa vanto di avere come stella polare la meritocrazia, di istituire un apposito bando e smetterla con le chiamate dirette”. Certo “avrebbero dovuto evitare di assumere la figlia del giudice che ha stralciato dal processo le accuse a Renzi e che dovrebbe controllare il datore di lavoro di sua figlia. È inopportuno, si fa presto a pensar male”, continua Grassi. Anche alcuni deputati toscani hanno mosso più di una critica all’operato del sindaco, affermando che Nardella non ne fa una giusta, mentre altri invocano le dimissioni del primo cittadino fiorentino.
Ciò che stupisce oltremodo è il silenzio del PD e dell’entourage di Renzi: a quanto pare nessuna voce finora si è levata a favore di Nardella. Forse gli stessi compagni di merende e di partito si rendono conto di come sia indifendibile il suo operato.
Insomma, una nuova “Poltronopoli” come la definiscono i giornali, che si aggiunge ai tanti scandali e ai tanti indagati presenti nelle liste della sinistra.
E’ pur vero che le mele marce sono in ogni cesto ed anche nel centrodestra vi sono episodi che spetterà alla Magistratura dirimere, ma se guardiamo a sinistra lo spettacolo è desolante: Traffici di poltrone, voti di scambio, oltre duecento indagati tra i Parlamentari, favori alle banche e fallimenti fatti pagare ai risparmiatori, collegi blindati per i vassalli più a rischio di galera… e aggiungiamoci pure la truffa dei pentastellati che non hanno restituito parte dello stipendio. E’ vero che questa è una colpa solo stando alle regole che loro stessi si sono dati, tuttavia è estremamente grave il fatto di aver mancato una promessa fatta agli elettori, tradendone la fiducia oltre al mandato.
Pur a voler giudicare con benevolenza e da un osservatorio neutrale, non si riesce a motivare una possibile assoluzione: questa è gente che non merita non solo di governare, ma nemmeno di stare al pari degli onesti cittadini in un consesso civile. Dovrebbero essere mandati ai lavori forzati come esempio per le future generazioni, a scavare fossi e a spalare fango dopo la prossima alluvione che il loro malgoverno ha causato con il menefreghismo verso il territorio e le sue necessità.
La voragine che si è aperta la scorsa settimana a Roma è un chiaro esempio della trascuratezza dei beni pubblici. Non diamo colpe al sindaco Raggi: quando fior di geologi tentarono inutilmente di pianificare interventi a tutela del territorio (non solo romano, si badi bene) non era ancora nata e i suoi genitori erano dei ragazzini. Da allora si è intervenuto poco e male, e tutto questo per la solita vecchia ragione: prima occorre sistemare gli amici e gli amici degli amici, poi bisogna pensare al partito, e se ne avanza vedremo cosa fare.
La musica si ripete dalla prima repubblica: prima furono i democristiani, poi i socialisti, poi dopo Tangentopoli furono tutti e nessuno, e da quando si è cercato di introdurre il bipolarismo (che da noi non può e non potrà mai funzionare) c’è stato ancora più spazio per i maneggioni e per gli imbroglioni.
E’ la politica del Baksheesh, la mancia, che i bambini arabi ti chiedono ad ogni angolo di strada per lavarti il parabrezza, per pulirti le scarpe o anche solo per indicarti una strada.
Da noi il Baksheesh è un po’ più esoso: si chiama mazzetta, ma prende anche il nome di collusione, concussione, inciucio, favore, bustarella, ruote da ungere, insomma qualsiasi cosa che preveda un tornaconto non dovuto. E siamo tutti responsabili: chi di noi non ha dovuto subirlo in prima persona o almeno non lo ha saputo da qualcuno che lo ha vissuto direttamente?
Tu fai un favore a me e poi quando avrai bisogno ricambierò. In pratica è la logica della mafia.
Poi ogni tanto mettono dentro un Dell’Utri a caso per far vedere che “lo Stato c’è” e si mettono in pace con la coscienza.
Nel frattempo il Paese va avanti: è sempre andato avanti, che motivo c’è di pensare che le cose debbano cambiare?
Ma le cose cambiano, statene certi. I valori non sono mai assoluti, e qualcosa ci dice che dopo il 4 marzo vedremo delle novità.
Nel frattempo sarà il caso che qualcuno pensi ad una “exit strategy” perché abbiamo idea che per molti non andrà sempre liscia. Il baraccone sta scricchiolando e sta cominciando a perdere pezzi anche dall’interno.
E’ di pochi giorni fa la notizia che Arturo Cerulli, primo cittadino di Monte Argentario, convertito alla fede musulmana, ha chiuso la porta ai profughi. Lui, ingegnere nucleare, sa bene che in un territorio come quello gli attriti che si sono ingenerati sono troppo forti. Nemmeno i progressisti di sinistra che da sempre trascorrono le vacanze qui, gradirebbero la presenza dei migranti. Forse è proprio per questo che la Versilia e la costa grossetana per il momento non sono state prese d’assalto dall’ondata migratoria.
In Toscana, regione rossa da sempre, sono 146 i Comuni che hanno detto «no» all’accoglienza.
E nonostante il presidente della Regione Enrico Rossi dica che è dovere dei comuni fronteggiare l’emergenza fornendo asilo, Cerulli non ci sta: “Il governatore dice che è nostro dovere farci carico dei profughi, ma alla domanda ‘dove li metto?, che gli faccio fare?’ non sa rispondere. Il contributo che ci darebbe lo Stato per l’accoglienza, poi, finirebbe mentre i problemi restano”.
Il flusso dal Mediterraneo prevede 5000 nuovi arrivi in Toscana entro fine agosto, ma questo territorio offre già ospitalità a 4mila persone e copre il 5 per cento del totale nazionale. Ma più di 180 sindaci su 278 non sono disposti a fare di più. Cerulli è tra questi. Non è razzismo, come tiene a precisare lui che ha sposato una indonesiana e si è convertito alla religione musulmana. E’ realismo: “Mi hanno eletto sindaco dell’Argentario – spiega – e penso al mio territorio. Siamo tutti buoni a farci carico dei problemi del mondo, ma non deve accadere a discapito degli italiani. L’Argentario già contribuisce con 6 milioni di euro al patto si solidarietà. Qui siamo 13.500 e i problemi non mancano. Non abbiamo strutture libere per ospitare, ma se le avessi penserai ai miei cittadini. Ci sono cento famiglie in lista d’attesa per la casa”. Sulla stessa linea la maggior parte degli amministratori toscani a cui il governo attraverso le prefetture sta chiedendo un ulteriore sforzo.
E accanto ai piccoli centri, del tutto impossibilitati all’accoglienza, ci sono le intoccabili mete di vip e intellettuali progressisti, che predicano buonismo ad ogni occasione ma lo straniero come vicino non lo vogliono.
Ovviamente la crisi economica gioca il suo ruolo: “C’è disoccupazione – sottolinea Cerulli – se questi profughi vengono e lavorano gratis a Porto Ercole e Porto Santo Stefano sottraggono posti di lavoro ai concittadini. I benpensanti di sinistra invece di parlare aprissero le braccia agli extracomunitari così i radical chic li fanno a casa loro. Io non sono contrario all’accoglienza ma se non riesco a gestirla diventa un boomerang e non sono due lire che il governo può dare a garantire quella sicurezza fondamentale per gli abitanti dell’Argentario e per i vacanzieri”.
Già, due lire: un baksheesh, ma in questo caso a quanto pare non basta a muovere le cose, e qualcosa ci dice che presto casi così ce ne saranno sempre di più.