Lo Stato che vorrei


Cari lettori, amici, simpatizzanti (e non), voglio cogliere l’occasione oggi per lanciare un appello provocazione dalle pagine di WeeklyMagazine. Vorrei proporre il 21 Aprile compleanno di Roma eterna data da cui dovrà avere inizio il lungo, faticoso, glorioso cammino dell’Italia rinata. Vorrei qui, se mi permettono, enunciare alcuni principi fondamentali del nuovo Stato che vorrei, di un nuovo modo di intendere il suo assetto giuridico, alternativo al liberalismo come al socialismo/comunismo o, come dicono adesso, alla socialdemocrazia.
Nazione, Stato, Lavoro, Lavoratore, saranno le parole d’ordine intorno alle quali si costruirà il nuovo ordinamento e dalla cui sintesi scaturirà il nuovo sistema giuridico. In questa ottica, dovremo concepire la Nazione italiana come organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. Sarà una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello Stato. Affermazione che dovrà essere più di una norma poiché rappresenterà il superamento del classico Stato/Nazione di stampo liberale secondo il quale lo Stato è considerato un mezzo o un passivo organo regolatore. Corollario di questa nuova impostazione sarà la naturale subordinazione dell’economia alla politica ciò sarà necessario per evidenziare le differenze con gli attuali sistemi nei quali, al contrario, è esaltata l’indipendenza dell’economia, autonomia che ha portato ad una supremazia incontrollata di questa sulla politica con le conseguenze sulla società che sono sotto gli occhi di tutti.
Non meno importante dovrà essere il tema lavoro: il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche, manuali sarà un dovere sociale. Si, non più un diritto ma un lavoro/dovere di ispirazione mazziniana. Un individuo sarà considerato parte del sistema sociale solo con l’assoluzione del suo dovere di lavorare che lo unisce alla collettività.
Potrà sembrare uno Stato asfissiante nei confronti della classe imprenditoriale ma non sarà così. Infatti, si stabilirà che “l’intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata o quando siano in gioco gli interessi politici dello Stato. Tale intervento può assumere la formula del controllo, dell’incoraggiamento e della gestione diretta”.
Solo cosi potremmo differenziarci da tutti gli altri sistemi socialisti e liberali progettati ed attuati considerato che l’iniziativa privata nel campo della produzione è il miglior strumento per realizzare il fine della prosperità economica nazionale.
Dall’altro lato ci sarà l’azione dello Stato, che si adeguerà alle esigenze del caso concreto e si attiverà soltanto quando fallisca o manchi l’iniziativa pubblica o siano in gioco interessi nazionali. Nelle dinamiche economiche, poi, anche il lavoratore assumerà un ruolo fondamentale. Non sarà elemento passivo ma dalla sua collaborazione con le altre forze produttive deriverà reciprocità di diritti e di doveri. Il prestatore d’opera, tecnico, impiegato od operaio, sarà un collaboratore attivo dell’impresa economica, la direzione della quale spetterà al datore di lavoro che ne ha la responsabilità. In questo sistema, quindi, tutti i soggetti coopereranno tra di loro per uno Stato/Nazione forte, la sintesi/azione sarà il nostro credo, si darà vita ad un ordinamento nel quale l’individualità deve dare risalto all’organicità del popolo.
Il capitalismo sfrenato ha dato luogo a privatizzazioni che non hanno fatto altro che indebolire le casse dello Stato italiano ed ingrassare le tasche dei grandi imprenditori e la società è sfilacciata in migliaia di centri di interesse, l’uno antagonista all’altro.
Sarà l’anno, a partire dal 21 aprile, in cui la coscienza nazionale si sveglierà e da Noto a Torino, il fremito unitario proromperà nell’insurrezione delle nostre coscienze.
La convinzione che voglio far sorgere è che ora più che mai, proprio partendo da questo auspicio, è che è possibile ipotizzare una diversa soluzione delle problematiche sociali, privilegiando la sintesi degli interessi alla contrapposizione e soprattutto, come fine ultimo, il bene nazionale.