I 100 anni del comunismo


Ottobre 1917 il bolscevismo, meglio conosciuto come comunismo, stende le sue tenebre sulla Russia e con il suo pensiero infetterà intere generazioni di giovani. Questo mostro ideologico economico ha compiuto 100 anni, ma nessun giornale ne ha dato notizia cosa strana visto che l’Italia era il paese con il più alto numero di iscritti al PCI. Sin dall’ultimo dopoguerra tutta l’intelligenza si schieró in blocco per il PCI creando una egemonia culturale asfissiante, abbiamo avuto un ’68 che ci ha imposto l’eschimo e il pensiero unico in scuole, televisione, università, case editrici. Se si fosse avuto una idea diversa si era bollato come reazionario. Abbiamo poi avuto gli anni ’70 che hanno messo a ferro e fuoco l’Italia con aggressioni e violenze ci sono stati anche gruppi estremi le BR (NDR: le Brigate Rosse) ma in fondo sono stati anche giustificati da alcuni: erano compagni che hanno solo ecceduto un po’. Del resto Pansa, con le sue ricerche, ha ben detto che già tanti morti erano stati fatti dai rossi sia prima che successivamente al secondo conflitto mondiale (NDR: la foto a corredo dell’articolo ritrae una delle esecuzioni sommarie che furono fatte dai bolscevichi nel 1919 in Ucraina). Ma i nostri governanti, che da quella estrazione provengono e che camaleonticamente si sono saputi trasformare, nascondere e camuffare, hanno obliato come quisquilie di ragazzi i loro trascorsi. Nessuno nessuno sembra essere stato marxista d’altronde la rivoluzione d’ottobre è un discorso solo tra storici e niente più.
Questa mancanza di autocritica ha permesso a questi tipacci di mantenere una certa egemonia culturale e l’Italia, addirittura, é diventata il paladino del globalismo dai tempi del presidente pornostar Clinton fino all’ultima creatura di questa ideologia: Maastricht e la UE.
Se prima ci si recava nei santuari moscoviti adesso ci si reca nei santuari di Bruxelles. La sinistra comunista dopo la caduta del muro è stata reclutata dal capitale americano, proprio per il suo carattere antinazionale e il non riconoscimento della sovranita nazionale, tutti principi fondanti dell’ideologia marxista, e di questo transito mosca/Washington via Bruxelles ne é massima espressione Giorgino Napolitano (NDR: Napolitano, in occasione della sanguinosa invasione sovietica in Ungheria nel 1956, ebbe a dichiarare: “l’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo”). Questa americanizzazione della cultura ha portato alla distruzione del concetto di sovranità nazionale e popolare nonché, soprattutto, lo sfascio dello stato sociale facendo perdere definitivamente alla sinistra la sua anima. Ebbene a distanza di 100 anni se non fare la conta dei morti, almeno questi signori spieghino come è stato possibile che gli intellettuali abbiano abbracciato un’idea che già a partire dagli anni ’30 appariva sanguinaria e soffocatrice di libertà e come è stato possibile che ragazzi istruiti, sensibili, colti abbiano potuto inneggiare a Stalin, Ho ci Caz, Pol pet, etc…? Aiuterebbe forse a capire almeno quel fenomeno del conformismo che non abbandona mai la storia umana.
Il comunismo da noi non è vietato (contrariamente al fascismo) forse perché in Italia non abbiamo avuto una dittatura comunista. Ma perché non l’abbiamo avuta? Proprio perché c’è stato il fascismo. Quando nacque il fascismo, l’Italia era in pieno biennio rosso. Un periodo che lo storico Emilio Gentile, non certo di tendenze fasciste né tanto meno tenero con i fascisti, ha descritto mettendo in evidenza “un’ondata di conflitti di classe senza precedenti nella storia del paese, condotti in gran parte dal partito socialista massimalista all’insegna di una imminente rivoluzione per instaurare anche in Italia, con la violenza, la dittatura del proletariato, come annunciava il nuovo statuto che il Partito socialista aveva adottato nel 1919″. Quindi se oggi il comunismo, da noi, appare come una simpatica ideologia di taglio umanitario è solo perché la sua rivoluzione l’ha persa. Un pezzo di storia che l’onorevole Fiano deve aver saltato, a scuola.