La grandezza di Roma


L’incredibile disciplina e organizzazione militare, affiancata dalla grande abilità diplomatica romana, sono solo alcuni degli aspetti e delle cause principali del successo di Roma. Tuttavia una delle motivazioni più importanti di questo successo è ascrivibile al concetto stesso di “romanità”. L’atteggiamento estremamente pratico ed ecclettico della politica romana di dominazione infatti fu strettamente legato alla cultura romana stessa. Non a caso le varie popolazioni, che mano a mano entravano a far parte dell’influenza di Roma (prima in Italia e poi nel resto del Mediterraneo), furono in più maniere integrate nello stile di vita dei romani stessi. Tali popoli, dunque, non furono semplicemente assoggettati, ma subirono la politica d’integrazione tipica di Roma.
Gli aspetti più evidenti e caratteristici di tale tendenza furono le città e le strade che i romani costruirono in tutti i territori che entrarono a far parte del loro dominio. Il fenomeno di urbanizzazione di matrice romana in Italia, anche se iniziò nel IV secolo a.C., è strettamente legato alla crescita politica della Repubblica nella penisola. Infatti fu proprio tra il III e il II secolo a.C. che si ebbe un forte incremento del numero di fondazioni di colonie romane in relazione con l’espansione territoriale della Repubblica. Alla vigilia della seconda guerra punica (218-202 a.C.), le colonie romane disseminate in Italia arrivarono ormai ad essere una trentina.Le città di nuova fondazione, quindi, furono un vero e proprio strumento di penetrazione e di controllo. La nascita di una nuova colonia romana seguiva un determinato schema che comprendeva l’esecuzione di un corretto rituale religioso e soprattutto l’utilizzo della pianta del “castrum”. Ogni città, almeno nel suo nucleo centrale, riprendeva il sistema di pianta degli accampamenti militari romani con il“decumanus” e il “cardo”, cioè le strade principali su cui si doveva sviluppare la futura città. All’incrocio di queste due principali vie urbane si faceva coincidere il foro e l’acropoli della città, cioè il centro politico e religioso dell’intero agglomerato urbano. Le altre strade minori, con i canali di scolo, limitavano i vari isolati detti “insulae”, formando così la pianta a scacchiera tipica delle colonie romane. “Il promuovere l’urbanesimo, rilevatosi utile mezzo anche per rompere le resistenze tribali nelle zone più arretrate, era diventato per Roma un’abitudine di governo” (cfr. Aurelio Bernardi e Mario Attilio Levi, “La Storia”). Ma ciò che ha reso Roma grande furono i mos maiorum(letteralmente “il costume degli antenati”) i Romani indicavano quel complesso di valori e di tradizioni che costituiva il fondamento della loro cultura e della loro civiltà, l’impero è stato grande perché si è rifatto sempre a questo complesso di norme morali . Se i greci si sono limitati a pensare Roma ha concretizzato tutte quelle verità che i filosofi hanno illustrato con il loro pensiero. Essere fedeli al mos maiorum significava riconoscersi membri di uno stesso popolo, avvertire i vincoli di continuità col proprio passato e col proprio futuro, sentirsi parte di un tutto, in marcia verso la realizzazione di un grande progetto comune. Il mos maiorum era, in altri termini, l’insieme dei valori collettivi e dei modelli di comportamento cui doveva conformarsi qualsiasi innovazione; rispettare il mos maiorum significava quindi incanalare le energie e le spinte innovative entro l’alveo rassicurante della tradizione, così da renderle funzionali al bene comune. Cardine fondamentale del mos maiorum era l’assoluta preminenza dello Stato sul singolo cittadino: questa è l’ottica da cui va esaminato qualunque valore e qualunque comportamento; così ad esempio, non era tanto il coraggio in sé ad essere apprezzato, ma il coraggio che veniva dimostrato nell’interesse e per la salvezza dello Stato; allo stesso modo, poco interessava la ricerca teorica o l’abilità poetica, se tali qualità non erano finalizzate ad obiettivi socialmente utili . Come si diceva in precedenza tutto ciò che riguarda i mores deve necessariamente essere a favore dello Stato e della Patria, perché i romani appartenevano ad un popolo eletto; di conseguenza anche la letteratura e gli svaghi, dovevano essere leggeri ma non d’intralcio alla gloria dei Romani.
Alla luce di tutto ciò, non si può non pensare alla nostra Patria che risulta quotidianamente vilipesa da tutti coloro che s’adoperano, invece, perché sia annullate le tradizioni e i valori secolari su cui fu fondata l’Italia per fare spazio a modi tribali di importazione di pensare e fare.