Luglio 1941: In vacanza a due passi dalla città


L’estate italiana del 1941, la seconda dallo scoppio della guerra, fu caratterizzata, fin dal suo inizio, da un’improvvisa ondata di caldo che anticipò il tradizionale esodo estivo dalle città. Lunghe code, dunque, davanti alle biglietterie delle stazioni, poiché anche i pochi privilegiati possessori di Balilla o Topolino erano impossibilitati ad usare i propri veicoli. Il primo luglio, infatti, era stata definitivamente vietata la circolazione delle auto private, salvo quelle azionate a metano.
A differenza degli altri anni, i villeggianti evitarono i lunghi trasferimenti. Meglio restare il più possibile vicini a casa, per essere pronti ad accorrervi nel caso, purtroppo molto probabile, di un bombardamento aereo. La maggioranza dei milanesi, per esempio, non uscì dalla stretta cerchia regionale, rinunciando una volta tanto al mare per dare la preferenza alla montagna, ai laghi e, soprattutto, alla campagna. Il loro numero registrò, tuttavia, un forte aumento rispetto agli anni precedenti. Nei primi quattro giorni del mese, alla Stazione Centrale funzionarono, ininterrottamente, 38 sportelli. Furono venduti 400.000 biglietti, con incasso record di due milioni di lire. Un record anche la spedizione di biciclette: 5000 in quattro giorni.
Il caldo e le ferie non interruppero, purtroppo, la tragica routine della guerra. Gli aerei inglesi continuarono a bombardare con lo stesso ritmo: in particolare Napoli; mentre i manifesti dei richiami alle armi o delle varie ordinanze, relative ai razionamenti e all’oscuramento, continuavano a rinnovarsi sui muri. Uno di questi manifesti, segnò anche la fine di un privilegio di cui godevano gli universitari. Quello, cioè, di rinviare la chiamata fino al conseguimento della laurea o al compimento del 26° anno. Una sola eccezione, a questa regola, era stata fatta per gli studenti della classe 1921, che erano stati chiamati alle armi tre mesi prima e che ora, tutti promossi sergenti, potevano presentarsi in uniforme agli esami della sessione estiva, sfruttando l’indubbio effetto psicologico che il grigioverde esercitava sugli esaminatori. Adesso toccava anche agli altri, a quelli cioè appartenenti alle classi 1915-1920. Per la chiamata alle armi di questi studenti, si discusse molto sull’opportunità o meno di definirli volontari di guerra , visto che, a ben vedere, non si trattava effettivamente di volontari. Alla fine fu inventata la qualifica meno impegnativa di volontario alle armi.
Nel frattempo si faceva un gran parlare delle strepitose vittorie che l’Esercito tedesco conseguiva in Unione Sovietica. Il cinegiornale Luce e le riviste (in particolare quella tedesca Signal, pubblicata anche in Italia con testi bilingui) mostravano le immagini dell’immane disastro: colonne di migliaia di prigionieri, Stukas in picchiata, isbe in fiamme ma, soprattutto, quadretti edificanti. Come, ad esempio, soldati tedeschi che fraternizzavano con contadini ucraini, cappellani nazisti volenterosamente impegnati a battezzare e comunicare centinaia di laceri bambini.
Riprendeva in quei giorni anche la campagna antibolscevica che i servizi di propaganda del regime erano stati costretti ad interrompere nell’estate del ’39, dopo la firma del patto di amicizia fra Hitler e Stalin. Era opinione diffusa che il colosso sovietico stesse per crollare da un momento all’altro, tanto che i comandi militari italiani affrettavano le partenze dei reparti (chiudendo più di un occhio sulle deficienti attrezzature) per poter essere presenti alla parata militare sulla Piazza Rossa, che i tedeschi avevano già meticolosamente preparato. Questo diffuso ottimismo ufficiale andò aumentando. L’annuncio che Hitler aveva ordinato di trasferire gli investimenti, destinati alla campagna in Russia, alla costruzione di sommergibili ed aeroplani. “Intanto in Russia abbiamo già vinto”, aveva detto il Füher.
Ma torniamo in Italia. Nei primi giorni del mese di luglio ebbe inizio la mietitura degli “orti di guerra”. Particolare attenzione fu prestata, da parte degli uffici di propaganda, ai lavori agricoli svolti nella cosiddetta “Fattoria della Fiera di Milano”, ossia l’ex scalo Sempione, trasformato nel più grande “orto di guerra” della città. Il raccolto, eseguito dagli stessi dipendenti dell’ente fieristico, fruttò 200 quintali di grano e orzo e 35 quintali di granturco. Terminata la mietitura, lo stesso terreno fu utilizzato per la semina del miglio. I giornali informarono i milanesi che nella “Fattoria” venivano coltivati ortaggi, barbabietole, girasoli e allevati 15 maiali, oltre ad un migliaio fra galline, oche e tacchini. Fu anche precisato che i lavori agricoli sarebbero continuati, fra una manifestazione fieristica e l’altra, per tutta la durata della guerra. Malgrado queste suggestioni propagandistiche, i generi alimentari continuavano però a diminuire di peso e ad aumentare di prezzo, a vista d’occhio. Oramai erano praticamente introvabili i grassi, lo zucchero ed il caffè. Scarseggiavano le sigarette e la carne. La razione di carne scese a 105 grammi lordi la settimana (di cui 33 grammi di osso) e il prezzo salì da 26 a 60 lire il chilo. In compenso, i ristoranti furono autorizzati a servire , tutti i giorni, piatti di frattaglie, come fegato e trippa.
Un’altra campagna propagandistica fu avviata dal regime, in quei giorni, e fu contro l’analfabetismo, che ancora imperversava in gran parte del Paese. Rispetto al 1921, anno preso come punto di riferimento, l’aumento degli alfabetizzati risultava alquanto modesto: dal 93 al 96 per cento in Piemonte, dal 47 al 52 per cento in Calabria. Nel 1941, comunque, la regione col più basso numero di analfabeti risultava essere la Venezia Tridentina, ossia l’attuale Alto Adige, con un insignificante 2%, probabilmente frutto dell’ex amministrazione austriaca. Nelle altre regioni figurava al primo posto il Piemonte (4% di analfabeti), seguito dalla Lombardia (5%), dalla Liguria (7%) e dal Veneto (11%). Fanalino di coda la Calabria (48%), preceduta dalla Lucania (46%), dalla Sicilia (40%) e dalle Puglie (39%).
Ma come poteva esserci tutta questa voglia di vacanze?