Battisti: prima sarcasmo poi melodramma


“Se mi estradano, mi consegnano alla morte”.
Il terrorista rosso Cesare Battisti appena una settimana fa ostentava spavaldamente sicumera ironicamente brindando alla salute dell’Italia (e forse alle sue vittime). Oggi si propone dimesso e tremebondo, apparentemente temendo per la sua sorte.
Classe 1954, nato in una famiglia contadina di orientamento comunista, aderisce ben presto al partito comunista e alle sue formazioni giovanili ma, altrettanto presto, ve ne esce dedicandosi alla delinquenza. Venne infatti arrestato diverse volte per atti di teppismo di piccolo cabotaggio.
Nel 1977 fu arrestato per aver aggredito un Sottufficiale dell’Esercito mentre svolgeva il servizio militare e scontò un periodo di detenzione durante il quale entrò in contatto con il mondo dell’eversione di sinistra al quale aderì.
La politicizzazione di Battisti lo educò a giustificare le rapine fatte anche nel periodo antecedente la sua eversione politica quali “espropri proletari”, una dizione molto in voga in quegli anni per giustificare da parte del terrorismo rosso sanguinose rapine attuate per finanziarsi. Erano gli anni ’70 e in Italia si combatteva una feroce guerra tra le Istituzioni repubblicane e gruppi eversivi che non si facevano scrupolo di ricorrere ad efferate azioni di lotta armata. Erano i così detti “anni di piombo”.
Già a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, durante un periodo di incarcerazione, iniziò a lamentare, proprio come nell’ultima esternazione, di temere per la propria sorte.
A fronte delle accuse a lui mosse dallo Stato italiano Cesare Battisti è stato condannato a due ergastoli per i delitti Santoro e Campagna e a diverse altre condanne per concorsi ad altre attività criminali. Negli anni a seguire ben sette processi ne hanno dichiarato la colpevolezza anche se lui si è sempre dichiarato innocente in ordine a efferati fatti di sangue a lui contestati.
Il 4 ottobre 1981 Battisti riuscì a evadere e a fuggire in Francia dove riuscì ad ottenere una naturalizzazione (poi revocata). Iniziò un periodo di latitanza di ben 36 anni, che dura tuttora, e molte delle sue condanne arriveranno in contumacia.
In Brasile, dove sicuramente ha risieduto negli ultimi 10 anni, si è presentato come richiedente asilo politico e ha ottenuto lo status di rifugiato politico godendo delle immunità all’estradizione che lo stato sudamericano gli ha concesso, considerato anche che il carcere a vita, pena consentita in Italia ma non in Brasile dove si possono comminare non più di 30 anni di pena detentiva, lo attende non appena rimetterà piede sul suolo nazionale.
Dunque un complesso caso di riconoscimenti bilaterali di leggi e di diritti umani che gli avvocati di Battisti hanno sinora utilizzato ad arte, contando anche su un governo brasiliano che per lunghi anni è stato di sinistra, per garantire al loro cliente una sostanziale immunità dal rispondere allo Stato italiano per le sue condanne.
Oggi Battisti torna al clamore della cronaca e lo fa nel modo peggiore, schernendo lo Stato italiano e le vittime del terrorismo rosso con un brindisi di cattivo gusto e subito dopo, forse complice un diverso vento politico nella nazione del samba, con un atteggiamento pavido e tremebondo riproponendo il già sentito ritornello di temere per la sua incolumità.
Come già in passato tenta la carta del pietismo, ma forse ora le cose cambieranno davvero e Battisti potrà finalmente essere estradato in Italia.
La nostra giustizia, lenta ma inesorabile, lo aspetta per saldare i conti.