La storia non dimentica Cadorna. Lo oblia.


Anche nel più piccolo e sperduto comune d’Italia c’è una lapide, magari ingrigita o sbiadita dal tempo, con su scalpellati decine di nomi, freddi, marmorei, sideralmente lontani. Sono i caduti della Prima Guerra Mondiale: quelli che non tornarono dalle maledette fangose trincee. Le vittime di uno dei più orrendi massacri di tutti i tempi. Erano partiti da un’Italia ancora contadina, li avevano vestiti di grigioverde e posti agli ordini di un Generale, aristocratico, fiero, scontroso, testardo, taciturno, piemontese: Luigi Cadorna. Era figlio del “liberatore” di Roma dal dominio dei papi, aveva oltrepassato i sessant’anni, sembrava avviato ad un’onesta pensione, amareggiato e disilluso dalle incomprensioni e dalle subdole lotte per il potere.
Era invece un uomo di ferro, dal pugno di ferro. Prese un esercito “scassato” e svenato dalla guerra libica e con cocciuta volontà lo forgiò a sua immagine e somiglianza. Milioni di uomini gli obbedivano, sapendo che, in caso contrario, la punizione sarebbe stata implacabile.
Dal 24 maggio 1915 alla rotta di Caporetto, nell’autunno del 1917, Cadorna guidò, praticamente da solo, la più potente armata della storia unitaria italiana. Centinaia di migliaia di soldati caddero ai suoi ordini, rassegnati o eroici, assaltando per anni le stesse trincee, le stesse vette. Aveva promesso, come tutti gli interventisti del resto, una guerra veloce, facile e vittoriosa, una passeggiata fino a Trieste. Nel groviglio dei reticolati, sotto le raffiche delle mitragliatrici, i sogni napoleonici si trasformarono in una logorante e sanguinosa guerra di posizione. Cadorna non combatteva soltanto contro Vienna. Aveva “nemici” anche a Roma e tali considerava tutti quei ministri e politici che in qualche modo cercassero di interferire nelle sue decisioni.
Poi, la catastrofe di Caporetto lo spazzò via nel gorgo delle sue truppe disfatte. Ma continuò a combattere, tra processi e rinnovate accuse, per allontanare da sé l’onta della più grave sconfitta militare italiana, di cui non comprese mai le reali cause e quanto egli stesso l’avesse provocata.
Ad un secolo esatto da quei tragici fatti, è giusto che un protagonista così emblematico della nostra storia “recente” esca da un immeritato oblio, per riproporsi all’attenzione degli italiani, con oggettive ed approfondite rivalutazioni delle vecchie polemiche, innescando, sull’onda di antichi interrogativi, il calarsi nello scenario infernale di quegli anni che avrebbero sepolto, per sempre, la vecchie Italia risorgimentale. La storia, nei suoi confronti, non è mai stata una serena cronista della verità. Di sicuro, Cadorna fu odiato in guerra e detestato ancor più in pace.