Patria e Onore


l’8 settembre del 1943 resta una data storica oltre che fondamentale per la storia italiana, quel giorno la Patria nostra ha perso l’onore. Quel giorno, infatti, alle ore 19.42, dai microfoni dell’EIAR, il primo ministro Pietro Badoglio annunciava l’entrata in vigore dell’armistizio firmato il 3 settembre con gli anglo-americani. L’annuncio fu salutato positivamente da tutti gli italiani, convinti che finalmente la guerra fosse finita. L’armistizio fu in realtà la conclusione di un iter iniziato il 25 luglio del 1943 con la sfiducia di Benito Mussolini da parte del Gran Consiglio del fascismo. La guerra si stava mettendo molto male, gli americani erano sbarcati in Sicilia, Roma il 19 luglio era stata bombardata e la gente era stremata. Il Gran Consiglio a maggioranza votò il trasferimento delle competenze in materia militare dal capo del Governo, cioè Mussolini, al re Vittorio Emanuele III. Il Duce, convinto che il sovrano fosse dalla sua parte, il giorno successivo si recò a colloquio con lui certo di ricevere dal re il mandato ad andare avanti senza tener conto del voto contrario del Gran Consiglio, dove l’ordine del giorno Grandi, fortemente critico con la gestione della guerra da parte di Mussolini, era stato votato anche dal genero Galeazzo Ciano. Vittorio Emanuele III, che in realtà aveva gestito il tutto da dietro le quinte, comunicò a Mussolini la decisione di deporlo da primo ministro facendolo poi arrestare dai Carabinieri, in base all’esigenza di garantire la sua incolumità fisica. Poi il re affidò il ruolo di primo ministro al maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Il 1943 fu l’anno delle illusioni. Si illusero i congiurati del Gran Consiglio di salvare il fascismo sacrificando Mussolini; si illusero il Re e Badoglio di tradire l’alleato senza pagare dazio; si illusero i ragazzi di Salò di difendere l’onore d’Italia ma finirono col combattere i propri fratelli; infine i partigiani che si illusero di sostituire la dittatura fascista con quella del proletariato e si ritrovarono a sostenere la monarchia. L’8 settembre con i tedeschi in casa e senza preoccuparsi della sorte che sarebbe toccata ai nostri soldati, fino a quel momento impegnati a fianco dei tedeschi su tutti i fronti di guerra e su cui si sarebbe abbattuta l’ira di Hitler, arrivò l’annuncio di Badoglio che chiamò armistizio quello che in realtà fu tradimento: nel volgere di 24 ore i camerati divennero nemici e gli invasori alleati. Questo atto scellerato non mutò le sorti del conflitto, non servì a lenire le sofferenze della popolazione civile che invece continuò a lungo a morire sotto i bombardamenti terroristici dell’aviazione angloamericana: servì solo a scatenare la furia vendicativa di Hitler, in quel momento padrone assoluto del nostro Paese, e a creare le premesse di quella guerra nella guerra le cui ferite ancora oggi stentano a rimarginarsi. 
Solo la nascita della Repubblica Sociale Italiana e la ricostituzione di un esercito lealista cui aderirono, secondo uno studio di Silvio Bertoldi (“Soldati a Salò” ed. Rizzoli, Milano 1995) in seicentomila, frenò i propositi di Hitler che aveva previsto il totale smantellamento e trasferimento in Germania del nostro apparato industriale, la deportazione nei campi di lavoro e nelle fabbriche tedesche di tutti gli uomini che avrebbero rifiutato l’arruolamento nella Wehrmacht e chissà cos’altro. 
Le motivazione che spinsero tanti giovani ad arruolarsi nel neo costituito esercito fascista repubblicano furono diverse e non sempre nobili (come spesso accade in questi casi): il rischio di fucilazione per i renitenti alla leva, l’intento di molti militari deportati nei campi di concentramento in Germania di tornare in Italia per poi disertare, la paga e la voglia di protagonismo. Vi aderirono anche fior di criminali, ma la stragrande maggioranza di essi lo fece per riscattare l’onore perduto e per sottrarre l’Italia dalla vendetta hitleriana. 
Purtroppo tra i due eserciti, quello tedesco affiancato dalle divisioni della Repubblica Sociale al nord, e quello anglo americano con le truppe di Badoglio al sud, si frapposero i partigiani. E fu guerra civile, il resto lo conosciamo. Insomma sarebbe un giorno ordinario, come qualunque altro, con i suoi alti e i suoi bassi, le sue gioie e i suoi dolori, ma per noi italiani non lo è. Da noi è uno di quei dannati giorni, assurti nel dopoguerra a festività laica, che, se non viene proprio celebrato con tutti i crismi, con tanto di astensione da scuola e lavoro, è sicuramente commemorato in decine di quelle trastule (NDR: imbroglio), a metà tra una sagra del maiale e una ghiotta occasione per fare ancora del male al nostro paese…alla Patria insomma, come si sarebbe detto prima di quel giorno. Senza vergognarsi. L’8 di Settembre si festeggia in pompa magna il tradimento, che secondo questa nuova teologia resistenziale cessa di essere un abominio spregevole, disgustoso e squalificante, cosi come viene considerato in tutto il resto del mondo, per brillare invece di una nuova e sfavillante luce e rappresentare, insieme al 25 Luglio e al 25 Aprile, quella esaltante trilogia posta alla base di questa repubblichetta e che ci riunisce alle nostre migliori tradizioni rinascimentali (tradimento, stiletto e veleno). L’8 di Settembre, lasciato l’esercito allo sbando, consegnata la flotta agli inglesi, il Re soldato, tutta la corte, i nani, le ballerine e tutti i magicamente resuscitati esponenti dei partiti se ne vanno a Brindisi e si pongono sotto la protezione delle baionette alleate. E anche questa è una vecchia tradizione. La baionetta dello straniero ha sempre avuto un fascino particolare dalle nostre parti. E da allora ci vogliono far festeggiare questo tradimento vergognoso e una fuga, altrettanto vergognosa. E vogliono che festeggiamo e che ci mangiamo la loro porchetta marcia alle loro feste fasulle, perché in quei giorni vergognosi nacque la loro Italia. Di gran lunga la peggiore di quante l’avevano preceduta. Ma guardate come siamo ridotti, per Dio! Questa invereconda e patetica repubblichetta, che non ha rispetto nemmeno per se stessa, vide infatti la luce in quelle radiose giornate per divenire poi quella che è oggi. L’Italia di Casini e Bersani, di Vendola, Berlusconi e Maroni, di Cicchitto ed Enrico Letta. L’Italia di Renzi, degli intrallazzi, dei mazzi e dei cazzi che ci si fregano, ma soprattutto l’Italia di Napolitano, figlia illegittimo di Umberto. Un regalo d’addio al popolo italiano per il quale non finiremo mai di ringraziarlo nelle nostre preghiere. Fu allora che nacque il mantra…l’Europa ce lo chiede. A quel tempo non era ancora l’Europa a chiedere, bensì gli alleati, anzi le nazioni unite, come amavano modestamente chiamarsi, ma il meccanismo era identico. Loro chiedevano e noi scattavamo. Allora consegnammo la flotta, sovranità, dignità di popolo e quattro fette di culo vicino all’osso, adesso stiamo per svendere tutto il nostro patrimonio e per cedere quel poco di sovranità che ci avevano lasciato allora. D’altronde come ebbe a dire quell’altro grande patriota di Gianni Agnelli: “Chi paga l’orchestra sceglie la musica”. Quando interi Battaglioni di uomini sono pronti a combattere per una causa persa pur di tenere fede alla parola data e difendere la propria terra dagli invasori, sapendo che quella scelta li avrebbe condotti nella migliore delle ipotesi a morire, uno Stato normale farebbe di essi un modello comportamentale per le future generazioni. In Italia, invece, accade l’opposto: lodi ed onori a coloro che hanno vissuto in modo parassitario sull’avanzamento degli Alleati lungo il nostro stivale, marcia preceduta dal tamburo dei bombardamenti aerei, o che hanno favorito la tragedia delle foibe, per non parlare del rifiorire della mafia nel sud Italia, debellata dal Prefetto Mori durante il Ventennio fascista e rientrata in Sicilia grazie all’avanzata americana. Gente, questa, che in tanta parte era pronta a svendere l’Italia, dopo averne trafitto l’onore e crivellato di colpi la meglio gioventù, ai sovietici. Era caduto il fascismo, l’Italia perdeva la sua sovranità e l’onore ed entrò in scena l’Italia del tradimento, l’Italia baldracca, che senza dignità ha ceduto alle lusinghe del più forte. Gli esecutori del tradimento chi furono? Diversi gerarchi del consiglio fascista, neppure degni di essere nominati, nominiamo alcuni dei più importanti: i fratelli Marcello e Massimo Girosi. Marcello spia al servizio degli Stati Uniti, è stato decorato dai suoi padroni della “Silver Star” con la seguente motivazione: “Per avere contribuito a staccare il comando della flotta Italiana del regime fascista e per aver assicurato alla marina Americana importanti piani della marina militare Italiana con la complicità del fratello Massimo”. Massimo: Ammiraglio della regia marina e nel 1942 inserito nell’alto comando navale Italiano, così si spiega il perché la marina Italiana non si è mai mossa a contrastare le navi alleate poi consegnata quasi intatta senza mai combattere agli alleati dopo la capitolazione dell’Afrika Korps avvenuto nel maggio 1943. Mai una sola petroliera, mai una nave da trasporto o uno aereo da trasporto di cui gli alleati non conoscessero l’ora di partenza e l’esatta posizione della rotta per i rifornimenti delle truppe in Africa, fatti accertati senza dubbi da coloro che hanno avuto la fortuna di sopravvivere. Ma quanti giovani soldati Italiani sono morti per uno sporco tradimento. Tra i nomi celebri delle spie al servizio degli angloamericani: il generale Efisio Marras addetto militare a Berlino uomo di fiducia del maresciallo Pietro Badoglio, dopo la guerra fu elevato: capo di stato maggiore dell’esercito e per i servizi resi durante la guerra fu decorato dagli Americani. L’ammiraglio Franco Maugeri capo del servizio segreto della regia marina dal 21 marzo 1941, dopo la guerra fu nominato Capo di Stato della Marina Italiana. Gli Americani lo decorarono con: ”La Legione al Merito per i servizi resi al governo Americano come capo dello spionaggio navale Italiano”. C’è un bellissimo libro intitolato “L’ombra di giuda” di Pietro Caporilli, che svela l’ignobile retroscena dell’ammiraglio traditore e altre persone di minore spessore ma non per questo meno vili. L’8 settembre è la data del tradimento voluto, frutto di uno sporco lavoro, per cambiare l’Italia, dividerla, per distruggere e incolpare il fascismo. Programmato dal sionismo e dalla massoneria mondiale, per dividere l’Italia in due fazioni: antifascista e fascista sviluppata e voluta in una guerra civile in nome di una libertà fasulla nata con una discriminazione ”Antifascismo” in nome di ciò ci furono centinaia di vedove, vedovi e bimbi orfani e privati dei fratelli i loro cari vennero uccisi perché avevano combattuto nell’RSI oppure lavorato per il governo fascista o avevano avuto la tessera fascista. Uccisi e fatti sparire, ancora oggi tante famiglie non sanno dove poter portare un fiore e una preghiera ai loro morti. I generali delle forze armate alleate che divennero poi nostri alleati commentarono il tradimento dell’8 settembre. Il generale Esenhower comandante delle forze alleate in Europa sul suo diario scriveva: “il tradimento dell’Italia è stato un brutto affare, una delle pagine più buie della storia di questa guerra solo il sacrificio dei militi del RSI ha permesso all’Italia di avere un briciolo di onore”- Il giudizio non cambia da parte degli Inglesi il generale Alexander Harold comandante in capo delle forze armate in Italia disse: ”Il fatto che il governo Italiano decise di capitolare non perché incapace di offrire ulteriore resistenza, ma era venuto come in passato il momento di passare dalla parte dei vincitori.” – IL maresciallo Montgomery detto Monti, fu il più chiaro nel dire: ”Il voltafaccia dell’Italia fu il più grande tradimento della storia.” – tratto dal libro “Le Armate alleate in Italia” di Alexander Harold. Dovrei festeggiare queste parole , esaltarmi perché qualche generale con il suo pseudo coraggio ha preferito vedere i suoi figli annegare nel mediterraneo e nell’oceano in cambio di un’Italia asservita al capitale e al sionismo, siamo definiti a ben vedere poco affidabili, come ci si può fidare di un popolo che dei suoi traditori ha fatto degli eroi? Non sempre quello che luccica e oro e non sempre l’equazione democrazia = libertà è vera.