Femminicidio: quasi una bufala


Ultimamente non passa giorno che le cronache giornalistiche, sia televisive che sui quotidiani, ci assillano con notizie di omicidi di cui sono vittime, per lo più donne separate i cui mariti, non rassegnandosi alla nuova situazione di stato civile, decidono di uccidere la ex-compagna anziché rivolgere l’arma contro sé stessi.
Salvo alcuni casi in cui questi signori ci fanno il piacere di levare anch’essi il disturbo (e di vero disturbo si tratta, dovendo di lì in poi lo stato mantenerli in carcere per lunghissimi periodi), le vittime di queste violenze sono in effetti le ex consorti, fidanzate o compagne di questi assassini.
Lungi dal volerne prendere le difese, ciò che suona stonato nella musica che soprattutto i telegiornali ci intonano quasi quotidianamente, ci siamo spesso stupiti di come un fenomeno come quello così tanto sbandierato dai media sia ben lontano dal voler diminuire, come invece di solito accade per i fenomeni criminali mano a mano che l’ignoranza viene rimpiazzata – in anni di paziente lavorio sociale – da una coscienza civica più sviluppata.
Abbiamo pertanto effettuato alcune ricerche per capire cosa ci sia in realtà dietro a tanto sbandierare fatti criminosi su cui sentiamo un’insistente puzza di bruciato.
La nostra ricerca è partita da lontano, per cercare di capire in quale contesto sia stato coniato l’infelice termine “femminicidio”.
Scopriamo così che il termine fu coniato una ventina di anni fa da Maria Marcela Lagarde – una femminista comunista messicana – ed è divenuto popolare per via del film “Bordertown”, uscito nel 2006, che racconta delle centinaia di donne uccise nella città messicana di Ciudad Juarez. Secondo la teoria femminista queste venivano uccise da maschi violenti solo per il fatto di essere donne, sotto gli occhi indifferenti della polizia messicana, impotente a fermare le guerre fra i cartelli della droga. In realtà, Ciudad Juarez (metropoli sul Rio Bravo che segna il confine con il Texas e la separa da El Paso) è diventata uno dei centri più importanti a livello mondiale per il narcotraffico, nonché la città con più omicidi al mondo superando in questa triste classifica anche Joannesburg.
In pratica non passa notte senza che si possano contare delle morti violente, e l’80% dei circa diecimila omicidi commessi nel corso di questi anni sono stati a danno di uomini.  Molti di questi omicidi vengono compiuti da donne killer, attive soprattutto nel cartello Los Zetas, preferite ai killer uomini perché meno sospettabili. In una retata  nel campo di addestramento per killer di San Cristobal de la Barranca la polizia catturò molte assassine.
Le più note sono Maria del Pilar Narro Lopez, alias “la comandante Bombon” e Maria Jimenez, che catturata dopo decine di omicidi ha confessato: “noi donne lo facciamo per il denaro. Mi misi ad uccidere diventando sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e con unghie grandi e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi»”.
Un’altra eroina (negativa ma pur sempre eroina) per le femministe è Diana La Cazadora, un’assassina seriale che ammazza uomini un po’ per piacere sadico e un po’ per denaro (che non guasta mai…).
Si badi che la fonte di queste notizie è il Corriere della Sera, non La Padania, e le fonti citate sono tutte governative.
Dal 2010 il fenomeno del femminicidio è scoppiato sui media italiani, per far odiare i maschi, per far credere che siano necessarie leggi nuove, che stabiliscano che la vita di una donna vale più di quella di un uomo.
Antropologicamente il concetto potrebbe anche essere giusto (è la donna a dare origine alla vita, basterebbe un maschio ogni 100 – 200 femmine fertili), ma qui si cerca di far credere che esista una strage di donne mentre tutto ciò non è vero.
Si badi bene che sono le statistiche ufficiali a dirlo: il “2011 Global Study on Homicide, UNODC Homicide Statistics” pubblicato dall’ONU fornisce i seguenti dati.
L’Italia è uno dei paesi al mondo con il più basso tasso di omicidi femminili: 5 per milione all’anno, circa la metà che nei nostri paesi confinanti (9 per milione per anno in Francia, 7 in Svizzera, 13 in Austria). Fra i grandi paesi, solo Giappone, Irlanda e Grecia hanno tassi minori. Una donna italiana ha, in tutta la sua vita, una probabilità dello 0.05% di subire un omicidio. Se non ci fossero altre cause di morte, una donna vivrebbe in media 200mila anni prima di subire un omicidio. Per fare un confronto, è la stessa probabilità di morire in un incidente con un trattore: in entrambi i casi circa 150 decessi all’anno [Dati ASPAS 2010] ma nessuno parla di ‘trattoricidio’. Il numero di donne che si suicidano (22 per milione per anno) è più del quadruplo di donne vittime di omicidio ma nessuno parla di “auto-femminicidio”.  Unico vero numero da strage è quello dei bambini abortiti (7800 per milione di donne per anno, per un totale di 5 milioni dal 1982 ad oggi nella sola Italia).
Sempre secondo l’ONU, il femminicidio non esiste in nessun paese al mondo: ovunque vengono uccisi più uomini che donne. Gli unici paesi nei quali il tasso di donne uccise è quasi pari al tasso di uomini uccisi sono quelli che hanno adottato politiche femministe (47% di omicidi femminili in Croazia, 41% in Norvegia…) o dove le donne partecipano alla vita pubblica (49% di omicidi femminili in Germania, 48% in Svizzera…).  Viceversa, il tasso di omicidio di donne è una piccola percentuale del totale di omicidi nei paesi dove molte donne preferiscono il ruolo femminile tradizionale (7% in Grecia, 18% in Irlanda, 23% in Ital, ecc.).

Il Ministero dell’Interno nel Rapporto sulla Criminalità, “Gli omicidi volontari”, Tabella IV.18, “Genere della vittima secondo il genere dell’autore di omicidio commesso in Italia tra il 2004 e il 2006” (e non c’è motivo per cedere che negli ultimi 10 anni i dati siano variati significativamente). In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per milione all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna uccisa. Sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno.  Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini. Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini.
Inoltre i dati EURES in merito alle ricerche criminologiche indicano che il numero di donne assassine è sottostimato in quanto le donne hanno maggiore tendenza a commissionare omicidi e ad uccidere avvelenando. Ma nessuno parla del ‘maschicidio’!
In Italia il tasso di suicidio di uomini separati è di 284 per milione all’anno ma nessuno ne parla, sebbene si tratti di una vera strage di stato: il tasso di suicidi si quadruplica con la separazione, anche a causa delle sentenze che privano i papà dei loro figli, della loro casa, del loro reddito.
Invece una certa propaganda del femminismo mondiale, al quale i boccaloni nostrani e i media al servizio della sinistra hanno dato retta senza alcun spirito critico, hanno cercato di far passare come notizia vera quella secondo cui l’ONU avrebbe affermato ufficialmente che “femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni”.   Questa fesseria in realtà non proviene dall’ONU, ma l’ha detta una femminista sudafricana, Rashida Manjoo, che dal 2009 al 2015 fu a capo un comitato femminista (CEDAW) tollerato dentro l’ONU.
Le femministe occidentali colsero l’occasione, notando che “femminicidio” era un termine che colpiva la fantasia e consentiva di calunniare gli uomini, ma la realtà è l’opposto dell’ideologia femminista, secondo cui esisterebbe un “patriarcato” che opprime ed uccide le donne.
Riassumendo:
Incidenza (casi per milione di persone in Italia all’anno) di donne uccise 5, uomini uccisi 16,
suicidi di donne 22, suicidi di uomini separati 284, bambini abortiti 7800.
L’estensore dell’articolo “La calunnia del femminicidio” sul sito www.violenzafamiliare.wordpress.com si chiede: “…come mai il fenomeno più piccolo di tutti, gli omicidi di donne, riceve l’attenzione maggiore?
In parte è perché gli omicidi, pur essendo una causa di morte statisticamente marginale, ricevono molta attenzione sui media. Questo causa una percezione distorta della realtà similmente a come accade per gli incidenti aerei: sono eventi così rari che finiscono in prima pagina, mentre gli incidenti stradali sono così frequenti che non fanno notizia. Gli aerei, il mezzo di trasporto più sicuro, vengono così percepiti come pericolosi. Allo stesso modo gli omicidi più rari, quelli di donne, attirano più attenzione.”
Le campagne di disinformazione finalizzate a costruire il falso problema del femminicidio, gestiste da professionisti della comunicazione bufalesca, hanno chiaramente il fine di promuovere da parte del parlamento boccalone leggi discriminanti gli uomini, andando a inserire forzosamente in quelle leggi la falsa ideologia femminista che la cosiddetta Convenzione di Istanbul (per ora ratificata da Montenegro, Albania, Turchia, Portogallo e Italia ma non dai paesi seri).
A che scopo? Non occorre essere un genio per capire che il fine ultimo – come sempre – è il denaro. Nella fattispecie si vuole forzare la mano alle istituzioni per ottenere finanziamenti pubblici per le associazioni anti-violenza, ruoli istituzionali per le solite note e lavoro per le avvocate femministe.
Leggiamo infatti nel Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale,
«Norme per il contrasto al femminicidio …omissis… il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa può intervenire in giudizio …omissis… La gestione delle case e dei centri delle donne è assicurata attraverso convenzioni …omissis… Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 85 milioni di Euro…»
Il decreto prevede infatti che le donne non possano ritirare le denunce e che lo stato le rimborsi anche in deroga ai limiti di reddito: il chiaro intento è tutelare le parcelle, non le donne.
È la stessa fondatrice dei centri anti-violenza per sole donne a sostenere che “… le femministe li usano per calunniare gli uomini e privare i bambini dei loro papà”.

Fonti:

– Corriere della Sera, 16/8/2011, “Le donne di Ciudad Juarez: vittime, madri e sicarie”.
– https://violenzafamiliare.wordpress.com/”>https://violenzafamiliare.wordpress.com (anche per immagini e tabelle).