Lo Stato piromane


La Campania, un tempo felix, è nuovamente la terra dei fuochi. Il parco del Vesuvio è in fiamme.
Colpa della mano dell’uomo. Non esiste difatti, salvo particolarissimi casi, l’autocombustione.
Basti pensare che il legno, la carta e tutti i materiali simili a loro, iniziano a bruciare intorno ai 300 gradi centigradi per comprendere come, anche nelle giornate più assolate, non si possano raggiungere tali temperature.
La natura semmai, qundo il vento soffia e gli arbusti sono secchi, pone le condizioni per favorire il propagarsi degli incendi.
I roghi, quindi, avvengono soprattutto d’estate e nei periodi di grande calura o ventilati solo perché i piromani sanno che sono queste le condizioni più favorevoli per il propagarsi delle fiamme che loro appiccano.
È la solita vecchia storia: é la mano dell’uomo, molto spesso malvagia, la sola vera responsabile dei roghi estivi.
Limitati, infatti, anche i casi di incendi colposi per quali, cioè, è l’incuria o l’avventatezza umana la causa.
Perché questi roghi? Cui prodest?
Tanti sono gli interessi, anche in una zona protetta come il parco naturale del Vesuvio, che anche se venisse bruciato mille volte, non potrebbe cambiare destinazione d’uso divenendo, ad esempio, area edificabile o agricola.
“Ci sono rifiuti tossici che fanno propagare le fiamme e avvelenano l’aria. Il fumo infatti è nero. Dietro tutto questo c’è un disegno criminale”, tuona il parroco della parrocchia di S. Vito ad Ercolano Don Marco Ricci.
Il Generale Sergio Costa, Comandante dei Carabinieri forestali, aggiunge: “Sono portato ad ipotizzare che i roghi siano stati appiccati in risposta all’attività del parco nazionale contro l’abusivismo edilizio. Nell’ultimo anno c’è stato un piano importante per acquisire al patrimonio gli immobili edificati illegalmente in zona rossa, nella prospettiva di demolirli”.
Insomma, la mano criminale dell’uomo che lotta contro la legge, costi quel che costi.
E, difatti, numerosi inneschi chimici sono stati rinvenuti nell’area, segnale evidente che una regia ha orchestrato i piromani.
Ma non ci sono solo responsabilità dirette ma anche indirette.
Lo Stato latita.
E questa è una corresponsabilità, sia pure non causa prima, che non si può più tacere.
La Guardia Forestale inglobata nell’Arma dei Carabinieri per ragioni di bilancio, capitoli di spesa sempre più striminziti concessi a Forze Armate e Forze dell’Ordine, nessuna attenzione e quasi nessuna risorsa destinata per la promozione della cultura della legalità e della prevenzione
Mancano i fondi per istituire controlli serrati.
Solo trentasette i velivoli adibiti al servizio antincendio, di cui solo una quindicina sono aerei anfibi Canadair, disponibili per l’intero territorio nazionale (nessuno di stanza in Campania) mentre numerosi elicotteri della Guardia Forestale non possono volare perché non più rispondenti alle specifiche di un Corpo che è divenuto militare dal primo gennaio scorso essendo confluito nell’Arma dei Carabinieri. La questione degli elicotteri della Forestale lasciati a terra perché rispondenti a specifiche civili e non militari già era stato sollevato durante l’ultimo disastroso terremoto (quello che ha distrutto Amatrice) ma, come rende lampante questa nuova emergenza, la lezione del sisma ed il tanto tempo sino ad oggi intercorso sono stati elementi che non hanno rimosso la problematica. Risorse davvero insufficienti al punto che per fare fronte ai roghi sviluppatisi al sud Italia di questa ultima settimana si è dovuto chiedere in prestito alla Francia altri tre aerei antincendio.
Eppure la sensibilità popolare premierebbe scelte che apportassero qualche soldo in più nelle attività di prevenzione di questi crimini.
L’installazione di un sistema di videosorveglianza degno di questo nome, l’utilizzo di piccoli droni, le possibilità date addirittura dai satelliti, non ultimo la possibilità di utilizzare guardie volontarie (casomai reclutate tra gli militari in congedo, coinvolgendo il terzo settore e, in particolare, le Associazioni Combattentistiche e d’Arma) rendono incredula la gente comune.
Insomma creare una rete di più soggetti, coordinate dalle Autorità competenti, dediti a tenere queste aree a rischio di incendi dolosi sotto stretta osservazione.
Sul piano repressivo auspicabile, ovviamente, sarebbe un deciso inasprimento di sanzioni e pene per i piromani e i loro mandanti.
Ma in Italia poco si fa sia sul piano preventivo che repressivo, nonostante i roghi dolosi divorano ettari ed ettari di preziose aree naturali anno dopo anno.
Sono questi reati di omissione belli e buoni di uno Stato che ben si può definire piromane al pari degli incendiari che non sa o non vuole contrastare con efficacia.
Ma nel nostro “bel Paese” sembra proprio che, diabolicamente, si preferisca gestire le emergenze e recriminare piuttosto che prevenirle e combatterle risolutamente.